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Regione Sicilia, il ricorso alla gerontocrazia segna l’apice della stagnazione politica

di Redazione -





di Pandora

La nomina di Gianni Silvia, ex dirigente della Regione Siciliana, a capo di Gabinetto dell’assessorato all’Economia, conferma l’allarmante ricorso alla gerontocrazia nella governance dell’amministrazione regionale.

Questa scelta, che si accoda a una serie di decisioni inquietanti, ha provocato reazioni di crescente scetticismo e frustrazione tra i cittadini, sempre più delusi da una classe dirigente che sembra voler ignorare le necessità urgenti dell’isola.
Con il richiamo di Silvia e le nomine di figure come Sara Barresi, Totò Sammartano, Rosolino Greco ed altri, la politica siciliana non fa altro che confermare un trend allarmante: l’unico requisito valido per ricoprire incarichi di responsabilità sembra essere l’età avanzata. È come se la pensione fosse diventata un passaporto per la resurrezione politica, un modo per continuare a perpetuare un sistema che, al di là dell’esperienza, si dimostra incapace di proporsi come attore credibile di cambiamento.
In un momento cruciale, in cui l’urgenza di rinnovamento si fa sempre più pressante, la Sicilia si ritrova a dover affrontare il drammatico contesto di un’amministrazione che grida a gran voce per l’innovazione, ma che invece continua a ripiegare su volti e pratiche ormai obsoleti. La scelta di ripescare burocrati in pensione per ruoli chiave non fa altro che inchiodare l’isola a un modello amministrativo stagnante, incapace di rispondere alle sfide socio-economiche del presente. Si sta creando così un circolo vizioso, in cui la nostra regione arretra di almeno vent’anni rispetto agli standard europei e nazionali.

A questa crisi di governance si aggiunge la presenza di figure emblematiche del passato, come Lombardo, Cuffaro e lo stesso Schifani, la cui permanenza nel panorama politico è l’emblema di un’inerzia snervante e stagnante, che rifiuta di abbracciare il cambiamento e di dare spazio a nuove idee. Questi personaggi non solo hanno ostacolato la crescita di una nuova classe dirigente, ma sono anche stati frequentemente associati a scandali e pratiche discutibili, senza la capacità di dare una reale spinta verso l’innovazione.
Il ripetersi di tali scelte alimenta un clima di sfiducia e disillusione tra i cittadini. Sempre più giovani siciliani, di fronte a un futuro che si presenta nero e privo di prospettive, vedono nell’emigrazione l’unica soluzione. La fuga di cervelli, talenti e capacità professionali rappresenta un impoverimento non solo economico, ma anche culturale per la nostra terra.
Per far rinascere la Sicilia, è giunto il momento di tagliare i legami con un passato inadeguato e di abbracciare un’idea di governance nuova e audace. È fondamentale promuovere l’emergere di giovani leader dotati di visione e coraggio, che sappiano coniugare tradizione e innovazione. Solo un radicale cambio di mentalità e di governance potrà portare a un futuro dignitoso per la Sicilia, ora più che mai essenziale per il benessere della collettività.
La gerontocrazia deve finire, così come le sovrastrutture politiche che hanno tenuto la Sicilia in uno stato di stagnazione e arretratezza. Solo così potremo garantire una nuova speranza e un futuro migliore. La Sicilia non può più permettersi di continuare su questa strada, pena la definitiva condanna a un isolamento insuperabile, con l’unico risultato di consigliare, tristemente, la fuga.