Leggi:

Attualità

Ragusa, approvato il Piano Regolatore delle polemiche

di Redazione -





di CESARE PLUCHINO
Dal 1974 un Consiglio comunale di Ragusa non aveva mai approvato un Piano Regolatore Generale: dovrebbe essere un avvenimento, è invece una occasione persa per il rilancio del capoluogo e per arginare un latente costante declino che si avverte poco per la sua inesorabile lentezza, coperto da una comunicazione di palazzo che lavora per enfatizzare i vuoti in molti settori. Un PRG che, peraltro, ha generato una marea di polemiche per la mancata trasparenza in aula consiliare. Approvato con forza, frutto di accordi sottobanco con lobby di settore, grazie all’apporto determinante di due gruppi politici dell’opposizione che fanno capo allo stesso onorevole del posto. Un piano che non ha visto esaurire, con la sua approvazione, i rilievi e le denunce di irregolarità procedurali e di incompatibilità di alcuni consiglieri. Uno strumento urbanistico sulle cui procedure di approvazione si sono opposti tutti i gruppi di opposizione, escludendo il Pd e il movimento Territorio e ben tre esponenti di maggioranza. Hanno voluto spacciare gli accordi con Pd e con Territorio come momento di grande condivisione, in effetti una rottura totale, anche all’interno della stessa maggioranza, che ridisegna il forte consenso ottenuto alle ultime comunali. Presentato dall’amministrazione alla fine del 2022, il piano fu bocciato da tutte le forze politiche e di categoria della città, obbligando al ritiro. Fu proprio nel periodo della campagna elettorale poi che fiorirono gli accordi sottotraccia, determinanti anche per la rielezione del sindaco con il vasto consenso riportato. Una riscrittura dello strumento urbanistico sostenuta dal silenzio complice delle opposizioni che avevano considerato il piano da stracciare, ma che da nuovi alleati del sindaco, ne hanno dimenticato criticità. Alla fine, la commedia del Pd e di Territorio stravolge il piano presentato, con una cinquantina di emendamenti, la cui approvazione è condizionante per l’approvazione del piano, perché l’amministrazione, da sola, non ha i numeri. Tralasciando il fatto che nessuno ha esaminato cosa restasse intatto del piano, l’origine delle polemiche e del quasi certo coinvolgimento dei tribunali sta tutta nella mancanza dei numeri e delle procedure per poter arrivare all’approvazione. Parlavamo di una occasione persa per la città, un piano minimale, per la cui approvazione non ci sono state espressioni di plauso delle organizzazioni di categoria e degli Ordini professionali, un piano senza spirito, finalizzato al contenimento del consumo di suolo, alla limitazione spropositata di zone edificabili, con contenimento forte anche del turistico alberghiero e del produttivo commerciale, dietro cui si cela la fortuna di alcuni grossi gruppi imprenditoriali e la totale indifferenza nei confronti di altri, ben identificati, in uno scenario avulso dal centro storico e dalle sue esigenze di riqualificazione e rigenerazione urbane, oggi essenziali. Questo, di certo, provocherà un gran numero di osservazioni, con le quali dovrà di nuovo confrontarsi il consiglio comunale. Successivamente si dovranno affrontare le maglie dell’assessorato regionale al territorio e ambiente ma, soprattutto, il destino è legato alla possibilità di ricorsi per gli stratagemmi e le strategie adottate, ad ogni costo, con atteggiamenti inusitati, per mantenere i numeri in aula. Elementi gravi, peraltro suffragati dal parere ufficiale del Segretario Generale, costretto a non poter intervenire per bloccare l’iter del Piano. Scontato che le sedute dovranno andare tutte al terzo appello per mancanza del numero legale, tre consiglieri, due Pd e uno Territorio si impegnano a votare positivamente l’atto in cambio di una serie di emendamenti. Tutto sarebbe a posto, il numero minimo di 10 consiglieri, c’è. Ma c’è un particolare: due consiglieri di maggioranza non hanno dichiarato la loro incompatibilità, acclarata successivamente da loro ammissioni in aula, per mantenere il numero minimo di tredici consiglieri compatibili. Già con solo 12, come ha sancito il Segretario Generale, l’atto sarebbe stato di competenza del Commissario regionale ad acta. Quindi incompatibili non dichiarati che hanno tutelato la loro posizione non partecipando ai lavori e non votando l’atto. Ma la mancata dichiarazione di incompatibilità ha consentito che l’atto venisse esaminato. Una strategia a tutti gli effetti, funzionante, in virtù della mancata obbligatorietà della dichiarazione di incompatibilità. Non si è ancora capito chi doveva e se poteva intervenire. Gli ultimi giorni hanno visto il circolare di visure catastali e cartine dei terreni degli interessati, peraltro c’era documentazione su una presunta incompatibilità del capogruppo Pd, stratega degli emendamenti che, fino alla fine, però, ha dichiarato la sua assoluta compatibilità. Pare che le dichiarazioni di incompatibilità e le posizioni di compatibilità non possano essere oggetto di controlli, a seguito delle dichiarazioni dei consiglieri, ma c’è chi pensa che, dopo le denunce, la produzione di documenti e l’ammissione degli stessi interessati, ci dovrebbe essere l’obbligatorietà dell’azione inquirente. Una occasione persa per la città, non solo per uno strumento urbanistico fatto in casa, per accorgimenti sartoriali, senza l’apporto di qualificati urbanisti, ma, soprattutto, per un esito infangato da illazioni, insinuazioni e circostanziati rilievi che potrebbe tramutarsi in esposti ufficiali, denunce e ricorsi.