Quell’apocalittico Ferragosto palermitano
Nella settimana ferragostana, un tema ha tenuto banco su internet tra i palermitani che probabilmente non sono andati in vacanza: l’allarme per la (in)vivibilità della città e il contestuale rituale appello alla politica di ogni livello perché intervenga salvificamente in uno scenario ormai apocalittico.
Senza entrare in gioco e schierarsi tra i tifosi delle bellezze ineguagliabili della città o dei pessimisti inguaribili per i quali la sentenza di condanna al degrado è inappellabile, è noto che Palermo abbia problemi che non sono assolutamente irrisolvibili. Prima di tutto i rifiuti, se solo ci fosse la capacità di rompere con privilegi consolidati; la viabilità, se si affrontasse la materia in maniera scientifica priva di fanatismi e dogmatismi di stampo ambientalistico più che ambientale; le periferie e il centro storico, con autentiche forme di riqualificazione che tengano realmente conto della storia piuttosto che della “storicizzazione” dei luoghi.
Altri problemi, come la criminalità e il degrado sociale non sono certo prerogativa di Palermo. Sintetizzando, possiamo concludere che questi fenomeni sono correlati alle grandi città e condivisi purtroppo a tutte le latitudini. Il che non vuol dire che le istituzioni preposte, forze dell’ordine e servizi sociali principalmente, non debbano impegnarsi per contrastare il fenomeno.
Sembra dunque che la ribellione volta a dare una scossa all’opinione pubblica della città si perda nell’acqua stagnante delle lacrime del lamentoso e sterile piagnisteo di “scettici”, “smaliziati” e “disincantati” che la sanno lunga, hanno molto da dire e decretano che la città è spacciata (nel senso di perduta ovviamente). Purtroppo questa categoria di persone statisticamente coincide in larga misura con coloro i quali dedicano molto del loro tempo alle partecipazioni virtuali su blog, social e simili, mentre invece quella parte di cittadini che preferisce dedicarsi ad attività reali riesce anche a vivere la città, nonostante i suoi tanti tangibili problemi.
Auspicabile quindi ridimensionare il peso delle voci negative, lasciando che il pubblico sdegno mantenga la sua funzione di sfogo per quelle persone altrimenti effettivamente bisognose di forme di sostegno terapeutico, come la signora che ha paura di uscire a Palermo e si sente sicura solo in casa, così proiettando sul mondo che la circonda le sue paure e ansie personali.
Insofferenze di questo tenore non possono essere tenute in considerazione. Il rischio è che a parlare male di Palermo via internet si vada ad alimentare la narrazione dominante, che va dalla fiction, ai servizi giornalistici sensazionalistici, alle demenziali classifiche de Il Sole 24 ore. Narrazione che ha come risultato quello di restituire un’immagine distorta della città, che confonde le idee di tutti, dai cittadini che non sono in grado di comprendere il mondo che li circonda, ai soggetti preposti ad amministrarla.
Non c’è dubbio che disagi per munnizza, degrado e sicurezza vadano denunciati e combattuti. Nell’era dei dispositivi digitali mobili, protestare nel mondo virtuale è comprensibile ma non come alternativa a vivere nel mondo reale, dove bisogna essere vera comunità, battendosi in presenza e “senza schermi” per una società migliore.