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PRIMA PAGINA – Ghetto Sicilia: ecco dove sopravvivono gli “invisibili”

di Redazione -





di JERRY ITALIA – Ghetto Sicilia: Dove sopravvivono gli invisibili.

Sono invisibili alla società e alle istituzioni. Sono le migliaia di braccianti irregolari che lavorano in condizioni terribili nella fascia trasformata che da Gela arriva a Ragusa. Si tratta perlopiù di tunisini e magrebini, arrivati in Sicilia regolarmente nei primi anni 2000 e poi risucchiati dal caporalato e dal lavoro nero, che hanno perso così il permesso di soggiorno e ogni tipo di diritto. Senza diritti e tutele gran parte di questi lavoratori finiscono così ad abitare in ruderi abbandonati, in condizioni terribili. Senza luce, acqua riscaldamenti, e spesso senza cibo e vestiti. Gran parte di loro sono assunti in nero perché senza documenti. Altri, in condizioni leggermente migliori, rientrano nel cosiddetto lavoro grigio: vengono assunti regolarmente al massimo per 102 giornate lavorative per poter chiedere la disoccupazione agricola, ma in realtà lavorano almeno il doppio, a volte tutto l’anno senza riposo. Il nostro viaggio inizia dalla statale 115 che da Gela porta a Vittoria, la strada delle serre. Centinaia di migliaia di ettari dove ogni giorno lavorano nascosti oltre ventimila migranti.
Siamo andati in questi luoghi dove per una giornata di lavoro si guadagnano dai trenta ai quaranta euro in nero, da cui vanno poi decurtati i costi incassati dai “mediatori” per il trasporto, il cibo e l’affitto di un materasso sudicio nel ghetto. In tanti occupano le tante case rurali abbandonate tra le serre, altri vivono a ridosso della città, come a Vittoria, dove fino a qualche mese fa diverse decine di migranti vivono in un complesso abbandonato, a pochi metri dalla stazione ferroviaria, tra rifiuti e amianto. Qui in città per tutti era l’Hotel degli “invisibili” perché, nonostante si trovasse a pochi metri dalle abitazioni e dai centri commerciali, nessuno si è mai ufficialmente accorto di ciò che succedeva al suo interno dove, tra rifiuti speciali e amianto viveva una vera e propria comunità. E nell’indifferenza totale si è pure rischiata la strage, nel maggio scorso, a causa di un rogo che si è sviluppato all’interno della struttura abbandonata. Le fiamme, probabilmente causate da un fornello di fortuna, hanno aggredito la copertura in eternit del capannone e hanno sprigionato una nube tossica che ha invaso il piano superiore, dove al momento si trovavano nove persone. Solo l’intervento dei Vigili del Fuoco ha evitato il peggio. L’incendio ha però squarciato il velo dell’invisibilità e nel giro di poco meno di un mese sono partite le prime operazioni di bonifica dell’Hotel degli Invisibili. Merito esclusivo delle pressioni portate avanti dai volontari che hanno puntato i riflettori sulla situazione drammatica di queste persone, che hanno spinto così il curatore fallimentare della struttura ad avviare la bonifica.
Sono stati quintali i rifiuti rimossi sotto l’occhio vigile degli attivisti di Terre Pulite che in questi mesi hanno avviato una catena solidale per fornire ai migranti cibo, medicinali e assistenza. “Per una struttura che si chiude e viene bonificata, altre mille ne rimangono nelle periferie e nelle campagne – racconta Andrea Di Priolo che, insieme a Riccardo Zingaro, è stato tra i pochi a fornire aiuto ed assistenza ai migranti – chi abitava qui, si è semplicemente spostato in qualche altro tugurio qui intorno e tornerà a vivere nell’ombra, tra rifiuti e sporcizia”. “La scorsa settimana ne abbiamo trovati altri sette che vivevano in una baracca semi diroccata a Marina Di Acate – continua il volontario – e non hanno reagito bene alla nostra vista. Sono molto diffidenti, e solo quando hanno capito che volevamo dare loro aiuto si sono aperti”.
Finora nessuno, a parte pochi volontari, è riuscito a ribaltare o quanto meno migliorare questo sistema che umilia le persone e le cancella. E questo purtroppo, assieme all’indifferenza, contribuisce a rendere i braccianti ancora più sfruttati, deboli e invisibili.