Leggi:

Primo Piano

Orientali e non arabi nella Sicilia antica

di Redazione -





di ANTONINO SALA – Una delle mistificazioni della cultura e della storia di Sicilia, è stata l’invenzione del periodo ‘arabo-normanno’ dell’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando. L’operazione ha affermata la convinzione che quello che in Sicilia è arte ed architettura dal 1200 d.c. in poi, sia retaggio dello straniero arrivato dalla penisola arabica. Nessuno nega la presenza di studiosi e architetti saraceni o orientali dal 827 al 1091,ma sostenere che tutta la cultura siciliana anche degli anni successivi sia stata il frutto solo di quella presenza, appare discutibile.
Anche perché la conquista dell’isola non fu mai totale. Nel Valdemone si rifugiarono i cristiani (i demoni) cacciati dalle città dai musulmani e Michele Amari in Storia dei Musulmani di Sicilia ci dice che l’origine della denominazione di questo distretto, è da collegarsi al verbo greco-bizantino “διαμένω” “perdurare”, alludendo a quel permanere della fede cristiana nell’isola. Inoltre, la riconquista ad opera dei Normanni iniziò proprio dai territori del Valdemone e si concluse in appena 30 anni, smentendo il fatto che l’isola fosse un paradiso terrestre in cui concordia e pace regnassero.
Invece le continue rivolte contro gli emiri di Palermo, testimoniano come ci fosse un generale malcontento tra gli stessi musulmani causato dall’impoverimento del suolo agricolo dovuto alla pastorizia di ovini secondo i precetti dell’Islam e da un tribalismo rissoso frutto della cultura del deserto. Tutto questo favorì i Normanni sbarcati a Messina con Ruggero d’Altavilla nella demolizione della favolistica potenza degli islamici. Tra gli storici Michele Antonino Crociata e Pasquale Hamel hanno contribuito a smentire la vulgata dell’unità etnica araba degli invasori della Sicilia. In Sicilia arrivarono Berberi, Persiani, Egiziani, Siriani, Libanesi e Nordafricani vari. E i Berberi furono la maggioranza, popolo antico, non assimilabile ai Beduini arabi.
Così come i Persiani. Peraltro la cultura dell’antica Persia, impregnata di zoroastrismo, condizionò, come l’ebraismo e il cristianesimo, il nascente Islam ed infatti Amari dice “di quegli elementi disparati Maometto prese ciò che seppe e potè adattare ai bisogni degli Arabi. Ne compose un sistema religioso e politico, semplice, vasto, ottimo alla prova (…) tolti da’ Giudei e dai Cristiani e racconci un po’ all’arabica i dommi cardinali”. Uno dei primi documenti dell’umanità è il “Cilindro di Ciro” del VI secolo a.C conservato al British Museum, di cui il direttore, Neil MacGregor, afferma essere “il primo tentativo conosciuto di gestione di uno stato con diverse nazionalità e fedi” in cui peraltro il Re rimprovera il suo predecessore babilonese per aver negato la libertà di religione. I “saraceni”, gli orientali per meglio dire, con una cultura antica e anteriore all’Islam, avevano avuto contatti e scambi con gli occidentali da sempre, se non altro per le numerose guerre intraprese contro la Grecia antica, Roma e Bisanzio. E’ erroneo pertanto usare il termine “arabo normanno” per indicare una commistione di culture che in Sicilia lasciarono certamente tracce, ma come sintesi del progresso dell’umanità esprimendo il meglio del loro senso estetico e delle loro conoscenze.
Poche però sono le architetture “arabe” vere e proprie, e quelle che una certa retorica così le denomina sono successive alla riconquista cristiana. Nemmeno nella lingua possiamo rintracciare grandi eredità tant’è che ci dice il nostro Amari “l’arabico nel parlare siciliano ha lasciato minori vestigi che non si creda comunemente: veruno nella grammatica, un’ombra nella pronuncia, poche centinaia di vocaboli nel dizionario, e qualche modo di dire”. Quello che rimane vivo però è il deposito di un incivilimento diffuso, la globalizzazione della conoscenza nel tempo e nello spazio e la speranza dell’Amari che “gli italiani sempre più si affratellino e che la nuova Roma promuova la giusta libertà dell’opera e la illimitata libertà del pensiero.”