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Nebrodi 2.0 – La “Mafia dei pascoli” non era finita

di Redazione -





A quattro anni dalla prima maxioperazione Nebrodi avvenuta nel gennaio 2020, ieri, a partire dalla provincia di Messina – per poi passare per i centri di Siracusa, Enna, Catania, fino a Rovigo e Gorizia – è scattata la cosiddetta operazione Nebrodi 2.0. Quattro anni fa le forze di polizia si erano abbattute sul gigantesco business delle truffe agricole da parte dei clan mafiosi, che riuscivano a drenare miliardi di euro dai fondi dell’Unione Europea. Ora, la nuova inchiesta, guidata dalla Distrettuale antimafia e i carabinieri di Messina, con il Ros e il comando tutela agroalimentare, i finanzieri del comando provinciale e il personale della squadra mobile della questura di Messina, ha nuovamente messo mano al gruppo mafioso dei Batanesi e sulla famiglia dei Bontempo Scavo. E così, al termine della prima fase di indagini, nell’operazione di ieri trentasette persone sono state iscritte sul registro degli indagati e sono stati posti sotto sequestro beni per oltre 750mila euro: nello specifico, sono state eseguite 21 ordinanze di custodia cautelare in carcere, di cui due agli arresti domiciliari, e 14 ordinanze interdittive della sospensione dall’esercizio di attività imprenditoriali che legittimino la presentazione di istanze di contributi comunitari o statali. Questa nuova indagine ha avuto anche il sostegno delle dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, che facevano parte del gruppo mafioso dei Batanesi. Ciò ha permesso la scoperta – o meglio, la riscoperta – dell’esistenza di un’associazione denominata ancora una volta “Famiglia tortoriciana” composta dall’articolazione del gruppo dei Bontempo Scavo e del gruppo dei Batanesi, che ancora una volta si è concentrata tra l’altro su estorsioni e truffe aggravate in agricoltura a danno dell’Unione Europea e dell’Agea. Proprio come successo negli anni passati. In più, ad accodarsi al ramo estorsione-truffa, quattro anni dopo, si è aggiunto il ramo legato alle sostanze stupefacenti. Ed è stata contestata l’esistenza di un’associazione dedita alla coltivazione, acquisto, detenzione e al commercio di sostanza stupefacente, che è stata operativa sul versante tirrenico della Provincia di Messina, tra Tortorici, Sinagra, Capo d’Orlando e Rocca di Capri Leone. A ciò si aggiungono, poi, le truffe ai danni dell’Agea realizzate sia da appartenenti al gruppo dei Batanesi che a quello dei Bontempo Scavo, con la percezione – in modalità fraudolenta – di contributi comunitari, garantendosi un canale di finanziamento più che redditizio. Per ultime, ma non meno importanti, sono state contestate estorsioni ai danni di una impresa calabrese, che era impegnata nella realizzazione del metanodotto nel fiume tra Mistretta e Santo Stefano di Camastra. Impresa che ai tempi dei lavori sarebbe stata costretta a pagare 4mila euro per le “feste comandate” nel periodo dal 2015 al 2018. Per questo motivo, visti tutti i reati commessi, i fermati nel corso della maxioperazioni sono indagati a vario titolo: di associazione di tipo mafioso, associazione dedita alla coltivazione, acquisto, detenzione, cessione e al commercio di sostanza stupefacente di vario tipo, estorsioni, trasferimento fraudolento di valori, truffe aggravate per il conseguimento di erogazioni pubbliche in concorso, riciclaggio e autoriciclaggio, malversazioni di erogazioni pubbliche, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale. E ora, proprio come era avvenuto per la prima maxioperazione Nebrodi del 2020, gli imputati si troveranno a rispondere a giudizio. Nella prima operazione vennero arrestate oltre cento persone: per 91 di queste il 31 ottobre del 2022 è stata emessa una sentenza storica. I giudici del Tribunale di Patti inflissero complessivamente oltre 600 anni di reclusione. E tra qualche settimana per loro inizierà il processo di secondo grado. Il destino dei nuovi indagati potrebbe non discostarsi da quello di chi è ormai in manette dal 2020.