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Nasce “Progetto Sicilia Sviluppo”: un nuovo movimento politico

di Enzo Scarso -





Una Sicilia che smette di elemosinare attenzione e ricomincia a pretendere rispetto. Una Sicilia che prova a emanciparsi da destra e sinistra, per ripartire dalle sue radici produttive, etiche, culturali. È questo il seme lanciato a Caltanissetta nel corso della prima riunione di Progetto Sicilia Sviluppo, nuovo coordinamento politico nato con l’ambizione dichiarata di dare voce — e forza — a quella parte dell’Isola che non si rassegna alla marginalità.

Un incontro che ha visto seduti attorno allo stesso tavolo imprenditori, agricoltori, pescatori, esponenti del mondo cooperativo, partite IVA, associazioni e cittadini. Tutti accomunati da una parola chiave: riscatto.

A guidare l’iniziativa, con il piglio di chi da anni cammina ai margini dell’ortodossia partitica, è Padre Giuseppe Di Rosa, volto noto delle battaglie sociali in Sicilia e storico animatore del movimento dei “Forconi”. È stato lui a moderare i lavori, rilanciando un progetto che guarda al futuro ma affonda le radici in una lunga stagione di proteste rimaste spesso senza risposta.

“Non siamo né di destra, né di sinistra — ha dichiarato Padre Di Rosa durante il suo intervento — ma proiettati al futuro della Sicilia. Difendiamo la nostra agricoltura, la nostra pesca, i nostri valori e le imprese sane che resistono al ricatto delle mafie e alla complicità di uno Stato che ci ha lasciati indietro”.

Il cuore del nuovo movimento batte attorno a un principio semplice ma rivoluzionario: applicare lo Statuto siciliano del 1946. Non come ricordo di un’autonomia tradita, ma come strumento vivo per ridare alla Sicilia ciò che le spetta di diritto.

Nel documento finale approvato al termine della riunione si legge con chiarezza la rotta:

“Progetto Sicilia Sviluppo nasce per rimettere la Sicilia al centro, fuori da ogni subalternità nei confronti delle altre regioni. Lo Statuto speciale approvato con legge costituzionale n. 2 del 26 febbraio 1948 assegna alla Regione competenze esclusive e la possibilità — attraverso l’articolo 36 — di ricevere annualmente tra i 7 e i 10 miliardi di euro in entrate. È giunto il momento di pretendere il rispetto di questa norma dimenticata”.

Un manifesto che somiglia a una chiamata alle armi — pacifica ma decisa — per un popolo che Padre Di Rosa definisce “fiero, colto, contraddittorio, ma capace di rialzarsi”.

Difficile, ora, prevedere quanto consenso potrà raccogliere questa nuova entità politica in una Sicilia disillusa da promesse non mantenute e da governi che cambiano ma non cambiano la sostanza. Ma una cosa è certa: la parola “Sicilia” è tornata ad essere soggetto, e non più solo aggettivo.