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Lavoro

Morti sul lavoro in Sicilia: nel primo semestre l’isola resta in zona rossa

di Enzo Scarso -





C’è un’Italia che lavora e muore in silenzio. E c’è una Sicilia che, nel primo semestre del 2025, continua a essere uno dei luoghi in cui il lavoro uccide di più. A dirlo sono i numeri, quelli dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering, che fotografano un’emergenza cronica: 502 morti sul lavoro in Italia tra gennaio e giugno, 31 dei quali solo in Sicilia. Una cifra che posiziona l’isola al quarto posto nazionale per decessi in occasione di lavoro, dopo Lombardia (56), Veneto (36) e Campania (33).

Zona rossa per la Sicilia: incidenza oltre la media nazionale

Non è solo il numero assoluto a preoccupare. L’Osservatorio calcola un indice di incidenza medio nazionale pari a 15,1 morti ogni milione di lavoratori. La Sicilia lo supera abbondantemente, rientrando così nella zona rossa, ovvero quell’area ad altissimo rischio in cui si collocano anche Basilicata, Umbria, Trentino-Alto Adige, Puglia, Abruzzo e Campania. Un dato tanto più grave se si considera che molti settori produttivi siciliani coinvolgono lavoratori fragili, stagionali o irregolari, spesso senza una formazione adeguata o una cultura della sicurezza radicata.

Le vittime invisibili: età, genere, provenienza

Il profilo delle vittime è ancora una volta impietoso: a morire sul lavoro sono soprattutto i lavoratori tra i 55 e i 64 anni, con una mortalità che sfiora i 24 decessi ogni milione di occupati. Ma a rischio sono anche gli ultrasessantacinquenni, costretti a lavorare ben oltre l’età pensionabile. Nel primo semestre del 2025, in Italia, 43 donne hanno perso la vita per motivi di lavoro, 21 sul posto e 22 durante il tragitto casa-lavoro. E anche i lavoratori stranieri continuano a pagare un prezzo altissimo: 108 le vittime totali, con un’incidenza doppia rispetto agli italiani. Un dato che in Sicilia assume un significato ancora più forte, alla luce della massiccia presenza di manodopera migrante nei comparti agricolo e turistico.

Costruzioni, trasporti e commercio: i settori più letali

Le Costruzioni si confermano il settore più pericoloso, con 53 vittime in Italia, ma anche le attività manifatturiere (50), il trasporto e magazzinaggio (47) e il commercio (38) mostrano una crescita allarmante di incidenti mortali. In Sicilia, questi comparti rappresentano l’ossatura del mercato del lavoro in molte province, e spesso sono affidati a piccole imprese o lavoratori autonomi senza una reale cultura della prevenzione. Il giorno più tragico? Il lunedì, con quasi il 23% delle morti, seguito dal venerdì e dal martedì. Come a dire che la settimana lavorativa inizia e finisce spesso nel sangue.

Le denunce calano, ma le morti aumentano

Nel paradosso tutto italiano, le denunce complessive di infortunio sono in calo, passando da 299.303 nel 2024 a 299.130 nel 2025. Ma il numero dei morti è aumentato. Un dato che fa riflettere: denunciare non basta, se il sistema non protegge. Nel solo comparto manifatturiero, a livello nazionale, si registrano oltre 33 mila denunce, seguito da costruzioni (17.740), sanità (17.484), commercio (15.624) e trasporto (15.456). Anche in Sicilia, queste categorie rappresentano il cuore pulsante del lavoro, ma spesso in condizioni precarie, sottopagate e con tutele deboli.

Un patto per la sicurezza che non arriva

Le cifre parlano chiaro: la sicurezza sul lavoro in Sicilia non è ancora una priorità reale. Ogni incidente, ogni morte, rappresenta il fallimento collettivo di istituzioni, imprese e sistema produttivo. Nonostante campagne, slogan e piani d’azione, il rischio di morire lavorando resta alto e inaccettabile. Serve un nuovo patto sociale, una rivoluzione culturale che rimetta al centro la dignità del lavoro e la tutela della vita. A partire dalle scuole, dai cantieri, dalle imprese agricole, dagli enti pubblici. E serve una pressione continua, da parte dei sindacati, dei media e dei cittadini, affinché il lavoro torni a essere strumento di riscatto, non condanna a morte.