Non basta dire: “Il Centro sono io” per riportare al voto gli astensionisti
Sicilia orfana delle proprie radici culturali diviene campo di battaglia per accaparrarsi il voto dei moderati.
Forza Italia prende le distanze, Cancelleri dice la sua sul progetto politico costruito con Lombardo, Lagalla e Miccichè. Dal passato le energie per costruire il futuro lasciando la dottrina Sturziana nel cassetto?
In Sicilia continua la corsa ad ostacoli dei moderati per la costruzione di una grande casa comune ma cominciano a delinearsi le strade in un clima che si fa sempre più acceso. L’annuncio dei giorni scorsi della nascita di un nuovo soggetto politico da parte di Raffaele Lombardo, Roberto Lagalla e Gianfranco Miccichè continua ad animare il dibattito nell’Isola e provocando le reazioni di esponenti politici infastiditi dall’iniziativa.
Non si è fatta attendere la reazione in Sicilia di Forza Italia, che si attribuisce la titolarità del “campo moderato”.
A rivendicare la centralità del suo partito Marcello Caruso, segretario di Forza Italia Sicilia. In una recente intervista, ha ricordato che non esiste un vuoto al centro e che la casa dei moderati è proprio quella fondata da Silvio Berlusconi, incentrata sui valori europeisti del Partito popolare europeo e dunque, a suo giudizio, i siciliani, orfani della DC, non sono pronti ad imbarcarsi in un nuovo progetto politico di centro.
Eppure, registriamo un grande fermento, non solo tra gli amministratori locali, ma anche tra la gente comune, nel popolo degli astensionisti che guardano con grande interesse al cosiddetto “vecchio” che avanza. Pare infatti che ci sia un’eredità che FI non ha raccolto, proprio perché i nuovi partiti, nati dal nulla, scelgono di allontanarsi dal passato. Così facendo, perdono l’identità morale e civile e per citare il prof. Michele Gelardi: “quell’eredità che si richiama alle radici della nostra civiltà, della nostra cultura e alla dottrina sociale Sturziana”.
La novità che questo progetto politico sembra portare avanti, risiederebbe nel tentativo di valorizzare ciò che è stato. Mentre tutti corrono per mondarsi del passato cancellando ogni traccia e darsi una nuova veste, i tre “Rais” politici pare mirino al consenso facendo esattamente il contrario. Partire cioè dal proprio passato per tentare di riscrivere il futuro. Intuizione che mescolerebbe le carte in gioco, non rinnegando il passato per disegnare uno schema inclusivo, aggregativo, di un movimento che fonda sul pluralismo politico la sua genesi. Partendo dalla varietà di interessi, valori ed esperienze che costituiscono la marcia in più per il progresso della Sicilia. A conferma di questa impostazione metodologica, uno degli ispiratori del neo partito: Giancarlo Cancelleri. Deputato dell’Assemblea regionale siciliana dal 2012 al 2019, ha ricoperto vari incarichi tra cui quello di capogruppo M5S fino al 2017 e dal 2017 al 2019 vicepresidente della stessa assemblea, oltre a ricoprire gli incarichi di vice ministro delle infrastrutture e dei trasporti dal 16 settembre 2019 al 13 febbraio 2021 nel governo Conte II e sottosegretario di Stato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dal 1º marzo 2021 al 22 ottobre 2022 nel governo Draghi.
“Il progetto nasce per aggregare e non dividere – dice Cancelleri – e la mera sommatoria in politica non ha mai pagato in termini elettorali. Il nostro movimento coltiva l’idea di semplificare il quadro attuale, e questo è un gesto di maturità politica”. Il movimento non nasce a favore di qualcuno o qualcosa ma mira a riportare al voto gli elettori scontenti con un programma chiaro, un linguaggio moderato, superando la frammentazione partitica. La parola d’ordine è collaborare per il bene della Sicilia, costruire una nuova credibilità per ripescare coloro che sono rimasti ai margini, imbrigliati in situazioni che li hanno allontanati dalla politica”.
Un progetto politico che mira a valorizzare il passato e non lo rinnega, nelle parole di Cancelleri: “I personaggi non sono nuovi, è vero, ma perchè lo devono essere? Lombardo parte da un’esperienza decennale di autonomismo, Lagalla ha una storia riformista e di radicamento territoriale e Miccichè rappresenta i valori liberali nel suo excursus politico; tre identità forti che superano la mediocrità quotidiana con l’esperienza per migliorare la proposta politica e costruire un movimento plurale in antitesi al pensiero unico, con un manifesto che raccoglie le diverse sensibilità ed un simbolo che le rappresenta”.
In merito a quanto affermato da Caruso, che rivendica la centralità di FI, l’ex leader siciliano del M5S precisa: “Vogliamo intercettare una larga fascia di moderati che non vanno a votare. Non è in discussione la candidatura di Renato Schifani perché ha i numeri dalla sua parte ma, in termini di crescita della Sicilia, rivendichiamo la battaglia autonomista e siamo pronti allo scontro referendario qualora non fosse modificata o ritirata la legge Calderoli. E poi, la difesa dei diritti civili, la realizzazione del Ponte sullo Stretto, insieme e non come alternativa alle infrastrutture rinviandole sine die, il potenziamento dei porti di Augusta e Gela per attrarre le merci, trasformando la Sicilia in Hub commerciale del Mediterraneo. Rivendichiamo il diritto di mettere al centro i valori che appartengono alla nostra storia politica con proposte e soluzioni chiare, dentro il centrodestra dal quale non intendiamo schiodarci”.
Tutti parlano di partito aperto e pronto ad accogliere; il timore è che l’eccessiva apertura possa condurre all’ennesimo fallimento politico perché in assenza di solide fondamenta storico-culturali e ideologiche, il tutto rischia di ridursi a un mero gioco elettorale e di potere. La partita dei moderati resta aperta e il richiamo al passato, senza alcun riferimento sostanziale alle solide radici culturali della Sicilia, rischia di semplificarsi in scaramucce dialettiche per delineare il rapporto di forza tra i vari protagonisti, finendo per alimentare ancora di più la frammentazione dell’offerta politica, che rischia di tenere lontani gli elettori scontenti ancora per qualche decennio dalle urne. Alla fine sarà la legge dei grandi numeri a mettere, giocoforza, tutti d’accordo. Basterà attendere le prossime elezioni regionali.