Rientra a Sciacca il Melqart, a 70 anni dal suo rinvenimento in mare. All’inaugurazione l’assessore dell’identità siciliana Scarpinato
Il Melqart fa ritorno a casa, 70 anni dopo il suo ritrovamento nel mare di Sciacca. La statuetta bronzea raffigurante una divinità fenicia, lascia temporaneamente il museo archeologico regionale “Antonio Salinas” di Palermo, per essere degnamente esposta negli spazi della Galleria Fazello, a Sciacca, dove dal 2016 trova collocazione il Museo del Mare.
Una cerimonia in grande stile, stamane, per l’inaugurazione dell’esposizione dedicata al prezioso manufatto, che consente alla città di Sciacca di riappropriarsi di un pezzo della sua identità culturale.
“Oggi scriviamo una nuova pagina per Sciacca – ha dichiarato l’assessore regionale ai beni culturali e dell’identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato presente all’evento – una pagina identitaria importante nella valorizzazione del territorio e del suo patrimonio culturale. Il rientro a Sciacca del Melqart – aggiunge – è frutto di un’azione posta in essere dall’assessorato regionale ai beni culturali, in sinergia con la Soprintendenza ai Beni culturali di Agrigento, il Parco Archeologico, con il Comune di Sciacca e il Museo Salinas. Un esempio virtuoso di un lavoro di squadra profuso in favore del bene comune e della cultura, che hanno come obiettivo principale la valorizzazione di questa nostra terra di Sicilia”.
“E’ un traguardo inseguito da anni ed essere partecipi di questo ritorno a casa del Melqart, dopo 70 anni, per noi è motivo di orgoglio” – commenta la vicesindaca Valeria Gulotta.
“Oggi coroniamo un sogno lungo anni – aggiunge l’assessore alla cultura, Simone Di Paola – con l’auspicio che questo rientro della statuetta del Melqart, figlia illustre dell’identità culturale di Sciacca, possa protrarsi nel tempo”.
Il particolare caso del ritrovamento del Melqart di Sciacca, oggi parte integrante del prezioso patrimonio culturale subacqueo italiano, figura tra i più preminenti casi di rinvenimento di beni culturali lungo le coste italiane.
Il reperto veniva rinvenuto nel gennaio del 1955 al largo di Sciacca, a circa 20 miglia dalla costa della Sicilia meridionale, da un motopeschereccio della flotta saccense, l’“Angelina Madre”. Era rimasto impigliato nella rete da pesca. Il motorista di bordo, Santo Vitale, ignorandone il reale valore, regalò l’antica statuetta al padre che la espose nella sua drogheria fin quando passò al signor Tovagliari che, probabilmente, la scambiò per due fiaschi di vino. Il nuovo proprietario intuendone il possibile valore archeologico e storico affidò il reperto al Comune di Sciacca. Ne derivò una controversia giudiziaria che vide contrapposti da una parte il Comune di Sciacca e lo Stato italiano, dall’altra, gli eredi del signor Tovagliari e l’armatore del peschereccio, Michele Scaglione che ne rivendicava la proprietà. Con sentenza del 9 gennaio del 1962 il Tribunale attribuì la proprietà del Melqart allo Stato italiano, stabilendo che la nave su cui era imbarcata la statuetta, battente bandiera italiana, era considerata un’estensione del territorio italiano, rendendo il bene di proprietà dello Stato. Di conseguenza la statuetta fu assegnata alla Soprintendenza di Agrigento e poi destinata al Museo Archeologico di Palermo.
Una vicenda quella del Melqart che in città ha unito diverse generazioni. Sabrina Dulcimascolo, artigiana del corallo di Sciacca, ricorda di essere cresciuta sentendo parlare del Melqart. “Mio nonno, Francesco Militello – dice – all’epoca presidente del Tribunale di Sciacca, fu colui che scrisse la sentenza relativa al rinvenimento della statuetta e per me essere qui oggi è anche un ricordo affettivo”.
Grandissima emozione anche da parte dei figli dell’armatore Santo Vitale, Accursio e Calogero, presenti alla cerimonia odierna. “Sin da piccolo – ricorda Accursio Vitale – osservavo la foto del Melqart che mio padre custodiva gelosamente in casa. Papà raccontava spesso di quel rinvenimento in mare inconsapevole del valore della statuetta che in un primo momento aveva pensato anche di far sciogliere, poiché di bronzo, per guadagnarci qualcosa. Grazie a questa esposizione – dichiara – ho la possibilità di vedere per la prima volta il reperto rinvenuto da mio padre e ciò mi emoziona particolarmente”.
Il Melqart è un’opera alquanto enigmatica e un’identità dibattuta. Alta 38 cm, la statuetta presenta una datazione incerta, oscillante tra il XIII e il IX secolo a.C., e rimane al centro di un acceso dibattito tra gli studiosi. Inizialmente identificata con il dio fenicio Melqart, successivamente è stata associata a Ba’al, Hadad o Reshef, divinità legate alla sfera atmosferica, alla guerra e alle tempeste.
Il bronzetto mostra caratteristiche iconografiche peculiari: copricapo conico con protuberanza a bottone, simile a quello di Osiride; braccio destro sollevato in posizione ammonitrice, tipico di rappresentazioni divine che impugnavano fulmini, scettri o mazze; barba a punta, elemento distintivo delle divinità mesopotamiche, che lo distingue da Melqart (solitamente imberbe) e lo avvicina a Ba’al, Hadad, Teshup e Reshef.
Quel che è certo è che il reperto archeologico, di inestimabile valore, potrebbe essere una delle testimonianze dell’espansione di popoli cananei nel Mediterraneo occidentale già negli ultimi due secoli del II millennio a. C.. Il suo ritrovamento in mare rafforza il collocamento della Sicilia pre-ellenica lungo le rotte maestre del Mediterraneo antico e la pone in un contesto strategico nei flussi commerciali e culturali tra il mondo egeo, il Vicino Oriente e l’Africa.
Da tempo il Comune di Sciacca ne rivendica l’appartenenza, ma la carenza di adeguati spazi espositivi finora aveva ostacolato ogni iniziativa di rientro del reperto.
