Manovra quater e tensioni di maggioranza: la Sicilia tra fondi da spartire e guerra nella sanità
La politica siciliana si prepara a una settimana ad alta tensione. Da un lato, la maxi variazione di bilancio – ribattezzata finanziaria quater – che da martedì approderà a Sala d’Ercole con i suoi 54 articoli e 24 pagine di tabelle fitte di contributi; dall’altro, la frattura ormai palese tra Fratelli d’Italia e il presidente Renato Schifani sulla gestione della sanità regionale. Due fronti diversi, ma intrecciati, che rischiano di trasformare l’aula dell’Ars in un campo di battaglia politica.
Dalla manovrina al banchetto dei fondi
Era nata come una norma asciutta, appena quindici articoli per gestire le ultime variazioni di bilancio dell’anno. Ma nel passaggio in Commissione, la manovra è lievitata fino a diventare un piccolo mostro legislativo: 54 articoli e un fiume di fondi distribuiti a pioggia tra Comuni, parrocchie ed enti locali. Una mappa che, più che un bilancio, somiglia a un atlante del potere siciliano.
Sessantuno interventi per enti ecclesiastici – oltre 4,4 milioni di euro – e centinaia di mini-finanziamenti territoriali: dai 50 mila euro medi per i piccoli comuni fino ai 647 mila di Capo d’Orlando, roccaforte della forzista Bernadette Grasso. Seguono Acireale (450 mila euro), il feudo elettorale dei berlusconiani D’Agostino e Tomarchio, e Ragalna, paese legato al presidente del Senato Ignazio La Russa, destinatario di 420 mila euro per lavori di “messa in sicurezza”.
Ma il capitolo più curioso riguarda i piccoli interventi sportivi: spuntano quattro campi di padel finanziati con soldi pubblici, a Butera, Grotte, Altofonte e Castronovo di Sicilia, oltre a una pista da skateboard a Pollina, una palestra distrettuale ad Agrigento e un parco fitness a Ficarazzi. Un elenco che strappa più di un sorriso, se si pensa che nell’Isola mezza acqua si perde per strada e i collegamenti interni restano un’odissea quotidiana.
La politica del “poco per tutti”
Per alcuni osservatori, la logica è quella classica del “poco per tutti”, la vecchia formula che garantisce consenso capillare a fronte di risultati invisibili. Piccoli importi da impegnare entro l’anno, cantieri che partiranno nel 2026, tagli del nastro previsti a ridosso delle elezioni del 2027: la perfetta alchimia tra amministrazione e campagna elettorale permanente.
Dall’opposizione, Nuccio Di Paola (M5S) denuncia: «Il centrodestra ha trasformato le variazioni di bilancio in un catalogo di marchette, con interventi che non verrebbero approvati nemmeno nei consigli comunali». Il clima è teso anche sul piano tecnico: il termine per la presentazione degli emendamenti è slittato a martedì, ma si parla già di centinaia di nuove proposte che rischiano di rallentare ulteriormente l’iter.
Fratelli d’Italia all’attacco: “Schifani non ci ascolta”
Sul fronte politico, le acque sono ancora più agitate. La riconferma di Salvatore Iacolino alla guida del Dipartimento della pianificazione sanitaria ha scatenato la rivolta di Fratelli d’Italia, che ha disertato la riunione di giunta e diffuso una lettera di fuoco. Il commissario regionale Luca Sbardella, in un’intervista senza precedenti, ha accusato il presidente Schifani di non considerare “un valore l’unità della coalizione”.
Dai meloniani si leva un coro di critiche. Il capogruppo all’Ars, Giorgio Assenza, afferma: «Sulla sanità il presidente ingrana sempre la marcia in più, ma senza di noi». Anche l’ex governatore Raffaele Lombardo e gli autonomisti si schierano contro la nomina, mentre la forzista Margherita La Rocca Ruvolo chiede chiarimenti su un accordo da 13 milioni per la telemedicina stipulato proprio da Iacolino con la società Engineering, già in contenzioso con Sicilia Digitale.
Dietro le polemiche, però, si nasconde il vero timore: che la frattura tra i partiti della coalizione possa mettere a rischio la stessa approvazione della manovra finanziaria.
Un equilibrio sempre più precario
Palazzo d’Orleans, dal canto suo, prova a minimizzare. “È una scelta tecnica”, ribadisce Schifani, “una conferma di chi ha lavorato bene”. Ma le sue parole non bastano a ricucire il clima di gelo con i meloniani. I contatti tra il governatore e Sbardella sono ridotti al minimo, e a Roma il caso Sicilia è ormai tema di discussione tra i vertici di Fratelli d’Italia.
In questo scenario, l’Ars si prepara a discutere una manovra da 240 milioni di euro, con quasi duemila emendamenti in arrivo e la minaccia del voto segreto che incombe come una spada di Damocle. La maggioranza rischia di andare in frantumi proprio mentre la Regione tenta di chiudere i conti 2025 e avviare la legge di stabilità per il 2026.
La Sicilia tra padel e potere
Mentre si litiga su nomine, equilibri e posti di comando, restano sul tavolo i numeri: 29 milioni e mezzo destinati a coprire contenziosi con società esterne, 5 milioni a Sicilia Digitale, milioni a chiese, parrocchie e monumenti. Una manovra che fotografa, ancora una volta, la doppia anima della politica siciliana: quella che predica il rigore dei conti, e quella che continua a praticare la distribuzione a pioggia.
E così, tra i colabrodi delle reti idriche e i cantieri che non partono mai, la Sicilia del 2025 riscopre la sua immutabile vocazione: mettere d’accordo tutti, almeno finché ci sono fondi da spartire.
