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Attualità

L’ultima chiamata per il riconoscimento della lingua siciliana

di massimilianoadelfio -





di ANTONIO SCHEMBRI
Un idioma ferito a morte dalla piccola borghesia, lo definì con disincanto Leonardo Sciascia, 40 anni fa. Per generazioni parlare in dialetto siciliano è stato considerato uno stigma. Oggi, non più. E lentamente, con fatica, quella che fu la prima lingua letteraria della Penisola, risale la china e si riafferma grazie soprattutto al contributo degli artisti: scrittori e attori; e in misura minore, ma crescente, anche i cantanti. Si tratta adesso, di creare connessioni tra questo mondo con quello accademico e della scuola, nonché con quello delle imprese. Facendo leva su una legge regionale che esiste da 13 anni e che va ripresa e modificata per una sua attuazione più larga e profonda nei territori dell’isola.
Se ne è discusso ieri nella sala Pio La Torre dell’Assemblea regionale a Palermo, in un incontro sull’intento con cui, d’ora in avanti, la politica siciliana punta a valorizzare la lingua isolana. “Questo progetto porterà al riconoscimento, anche a livello europeo, del dialetto siciliano così come avviene, ad esempio in Spagna, per il galiziano e il castigliano – illustra Ignazio Corrao, eurodeputato dei Verdi e promotore dell’iniziativa -. Un percorso che adesso proseguiremo avviando incontri nelle scuole, con il coinvolgimento di artisti che fanno della sicilianità il loro principale punto di forza”.
Si tratta di trasmettere alle nuove generazioni una conoscenza consapevole del siciliano. Andando oltre il livello di utilizzo del dialetto sul livello di conversazioni che si facevano o si fanno ancora oggi con parenti anziani. E di quello che si parla in determinati ambienti popolari. “Saperlo insomma padroneggiare come una lingua in più, al pari di quelle straniere; ma fortemente identitaria”, sottolinea Corrao. L’università di Palermo partecipa a un tavolo tecnico della Regione Siciliana per l’attuazione e la valorizzazione del patrimonio linguistico dell’isola. “La legge regionale di riferimento, la n.9 del 2011, ha tracciato un solco importante anche nell’ambito della formazione degli insegnanti- dice Marina Castiglione, ordinaria di linguistica all’Ateneo di Palermo. Nel tempo sono stati attivati anche percorsi con le scuole per affermare quote di identità culturale tra gli studenti. Perché la conoscenza di un dialetto regionale è funzionale al rafforzamento dell’identità nazionale”. Ma come si studia il siciliano all’università? In maniera diacronica, cioè seguendo il suo divenire nel tempo e non certo attraverso una grammatica, dato che la lingua dell’isola al centro del Mediterraneo non ne ha una univoca in ragione delle sue tante varietà, diverse addirittura da borgo a borgo. “Non miriamo alla standardizzazione di una lingua, la cui ricchezza, dinamismo e fluidità risiede proprio nella sua difformità territoriale – specifica Castiglione. Adesso ci sono anche delle novità: all’interno del dottorato di studi umanistici l’università di Palermo porta avanti diversi progetti la cultura linguistica siciliana, alcuni legati alla pubblica amministrazione altri ai Pon, altri ancora al Pnrr. Si va dallo studio dell’idromonia, ossia i nomi dei fiumi regionali a quello dei soprannomi etnici. Il percorso è insomma tracciato. “Adesso però deve declinarsi urgentemente anche in chiave emozionale: già da marzo gli artisti, attori e performer siciliani coinvolti nell’iniziativa, visiteranno le scuole”, dice l’assessore regionale all’Istruzione Mimmo Turano. A fare da polo per la gestione dei progetti è il liceo Classico Umberto di Palermo pronto a lanciare gli avvisi che coinvolgeranno le altre scuole siciliane. “Stiamo curando la formazione dei docenti per introdurre storia e lingua siciliana insieme a specifiche pubblicazioni” afferma Vito Lo Scrudato, dirigente scolastico dell’istituto”. All’iniziativa partecipaeranno anche artisti quali il musicista Lello Analfino e l’attore e ‘cuntista’ Salvo Piparo. “Andremo nelle scuole per cantare e raccontare storie in siciliano – illustra Piparo -Lingua o dialetto che sia, la sua ripresa è molto importante a cominciare dai giovani, per arricchire il nostro linguaggio, oggi così pieno di anglicismi. Inoltre la lingua siciliana è uno strumento prezioso per raccontare la gente e la storia di questa regione, fatta anche di contraddizioni, limiti e cliché che anzitutto con il racconto, in siciliano, dei suoi eroi possiamo riuscire a superare”. L’università di Palermo sforna circa 15 laureati all’anno in dialettologia siciliana. I primi del 2024 saranno sei, a marzo. “Ciascuno di noi siciliani è somma di più identità a cui non dobbiamo rinunciare- aggiunge la docente – Possiamo essere più europei se siamo più siciliani; e, viceversa, più siciliani se siamo più europei”.
Tocca sbrigarsi. “Siamo all’ultimo giro’- dice Turano- L’ultima chiamata generazionale per consentire l’insegnamento diretto dagli anziani ai giovani”.