Leggi:

Attualità

C’è voglia di moderazione in Sicilia? Alla ricerca dell’eredità di Sturzo

di Giuseppe Messina -





È notizia dei giorni scorsi dell’adesione dell’onorevole Marianna Caronia a Noi Moderati, il partito di Maurizio Lupi  che ha nell’ex ministro Saverio Romano il riferimento siciliano. Una riflessione sul campo moderato e l’eredità di don Luigi Sturzo.

La parlamentare palermitana ha lasciato la Lega perché si riconosce nei valori di centro fondati sul dialogo, l’ascolto delle ragioni altrui, il rispetto delle istituzioni e degli uomini e delle donne che le rappresentano, non condividendo le prese di posizione rispetto a temi sociali, di ordine pubblico e di partecipazione sociale e politica. Si può parlare di fuga verso il centro? La notizia merita un approfondimento per meglio comprendere, al di là delle ragioni personali, se siamo di fronte ad una nuova fase politica. C’è da chiedersi se questa scelta non vada nella direzione di una voglia, forte e mai assopita, di centro moderato in Sicilia.
Da qualche tempo gli isolani appaiono sempre più infastiditi e stanchi di estremismi e contrapposizioni ideologiche. La politica polarizzata è sotto accusa e la gente è stanca di panegirici: un cittadino su due non trova più utile andare a votare. Il fallimento dei partiti si consuma proprio alle urne, ogni qualvolta gli elettori sono chiamati al voto. In questo, in Sicilia, da sempre laboratorio di idee e fucina di cambiamenti politici, cuore pulsante di ogni innovazione nello scenario politico italiano, c’è aria di centro. E non è nostalgia del passato, ma mera consapevolezza che il vuoto ereditato dalle macerie della Prima Repubblica non è mai stato colmato compiutamente.

In Sicilia c’è la costante ricerca di un campo moderato che non è soltanto un posizionamento geometrico nell’arco parlamentare, ma nettamente di più. Uno spazio per difendere quei valori che furono di Alcide De Gasperi e Altiero Spinelli. Dell’eredità di don Luigi Sturzo – famoso il suo “Appello ai liberi e forti” che ha dato il via libera alla nascita del Partito popolare italiano il 18 gennaio 1919 – è rimasto ben poco nella politica siciliana odierna. Personalizzata e lontana da valori e ideali, spendacciona, senza idee ed attaccata, ahinoi, ai facili contributi elargiti per ottenere un momentaneo consenso. Di fronte al malcontento, c’è uno spazio politico da ri-conquistare. Per comprendere a fondo la Sicilia bisogna tornare a Sturzo. Perché è proprio dalla Sicilia che viene scritta una memorabile pagina politica, perché Sturzo siciliano lo era assolutamente, essendo nato a Caltagirone nel lontano 26 novembre 1871; perché dal Calatino originò un nuovo modello politico che mai i siciliani hanno abbandonato, lungo tutto il secolo scorso fino ai nostri giorni. Una sorta di modus operandi che caratterizza l’isolano nel rapporto con la politica. La grandezza del suo pensiero politico fu quella di creare un partito laico, democratico e di ispirazione cristiana, con una precisa piattaforma programmatica: difesa della famiglia e libertà di insegnamento, lavoro inteso come diritto, centralità delle autonomie territoriali e forme di previdenza sociale, rappresentanza proporzionale e voto alle donne.

Il biografo più noto di Sturzo, Gabriele De Rosa, ha definito l’appello del prelato «uno dei documenti più elevati e di maggior impegno civile della letteratura politica».  Oggi, seppur con tinte diverse, in Sicilia aleggia chiaramente il richiamo del pensiero sturziano. Del resto, né la sinistra né la destra hanno saputo governare l’isola dal dopoguerra ad oggi in autonomia dai moderati. Almeno fino agli inizi degli anni ’90, quando “mani Pulite” ha spazzato il pentapartito e la concezione consociativa della politica. Considerando che una “pesante” componente moderata, oggi, sostiene il governo Schifani in Sicilia, come ha sostenuto il precedente esecutivo Musumeci, e che un siciliano su due non si reca alle urne, è possibile azzardare che il peso dei moderati in Sicilia sia intorno al 50 per cento degli elettori, che erano e restano scontenti. Ed allora, non deve apparire curioso o peggio ancora nostalgico ogni tentativo messo in campo, anche da politici di lungo corso, come il caso della Caronia, di spostarsi al centro o addirittura, come in altre esperienze politiche, fondare movimenti che si ispirano all’attualità del pensiero Sturziano. Ed allora, perchè resta più che mai vivo ed animato il dibattito sul futuro politico nella Triscele? La Sicilia, e con essa l’intera nazione, è la rappresentazione plastica della definizione coniata dal politologo francese Bernard Manin, con l’elettore che da protagonista diventa semplice spettatore e non sente la responsabilità della decisione. Ed allora, la ricetta può essere il  campo moderato? Tornare all’Appello Sturziano potrebbe scuotere le coscienze dall’apatia elettorale? Il detto “il mondo è cambiato”, in politica, assume un preciso significato verso chi gestisce la “res publica”. Nelle generazioni precedenti, la politica era forse il tratto identitario prevalente. Ma i cambiamenti che abbiamo vissuto negli ultimi decenni fanno sì che la politica, per la stragrande maggioranza dei cittadini, sia una sorta di frammento dell’identità che ha alimentato l’astensionismo. In Sicilia, cui appartiene il primato negativo del più alto tasso di povertà d’Europa, la situazione di indigenza alimenta la sfiducia perché non trova risposta nell’azione politica. 

La domanda rimane comunque aperta, malgrado le tante delusioni e incongruenze: è proprio dalla terra di Sicilia che può rinascere una nuova fase politica dove i moderati possono tornare a sentirsi protagonisti del cambiamento, pensando ad un modello politico solidale che intercetti i bisogni delle persone?