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Cultura

Look Down l’esposizione per una “rigenerazione”

di Redazione -





di ANTONIO SCHEMBRI
Suggerisce di guardare ‘in basso’ quel bambino di marmo bianco che giace indifeso, in posizione fetale, al centro del seicentesco cortile d’ingresso di quella che è invece la più antica residenza reale d’Europa, il Palazzo dei Normanni di Palermo, edificato quasi 9 secoli fa, oggi patrimonio mondiale dell’Umanità. Rivolta verso uno dei luoghi più spirituali al mondo, la Cappella Palatina, tra i massimi simboli storici della convivenza tra culture e religioni diverse, ubicata sul primo livello dell’edificio, la scultura invita a dialogare con la storia. E a rivolgere lo sguardo ai più fragili, in antitesi all’indifferenza. È un’opera ormai celebre, Look Down, la scultura realizzata nel 2020 dal 36enne Jago, pseudonimo di Jacopo Cardillo, uno degli artisti più giovani a affermarsi nel panorama internazionale dell’ultimo decennio, in ragione di due meriti: l’aver restituito alla scultura un ruolo di medium contemporaneo; e esserci riuscito grazie anche ai social media. Una scultura che giunge nel luogo più iconico del capoluogo siciliano per rimanervi esposta fino al 3 giugno, dopo un iter in cui è stata inizialmente installata a Napoli, in Piazza del Plebiscito e poi nel deserto di Al Haniyah, a Fujairah (Emirati Arabi Uniti), dove è stata presentata con il nome di “Look Here”. Esposizione non fortunata, quella: il bambino di marmo venne infatti vandalizzato, depredato della catena di ferro che simboleggiava il suo cordone ombelicale. Oggetto non più ritrovato. Riportata in Italia lo scorso settembre, l’opera è stata collocata di fronte al Colosseo a Roma. A Palermo arriva attraverso la Fondazione Federico II, che cura l’allestimento di questa esposizione. “Produco un’immagine che ha una forma fisica, un titolo e vuole di certo comunicare dei messaggi; ma sto imparando nel tempo a sbilanciarmi sempre meno su quelli che sono i miei significati. – ha detto Jago lo scorso venerdì durante la preview con la stampa e dopo lo svelamento della sua creazione artistica sul selciato del cortile, momento in cui non ha trattenuto la commozione – Credo che la ricchezza sia quella di poter dare all’altro, attraverso la propria opera, uno spazio di intervento: mi piace pensare che un’opera di valore sia capace di ospitare i contenuti degli altri”.Scultore classico, l’artista di Anagni, oggi residente a New York; ma contemporaneo a tutti gli effetti, per la sua capacità di esprimere un grande simbolismo concettuale tra ragione e sentimento. “Il nome di quest’opera è nato durante la pandemia, facendo riferimento alla necessità di volgere lo sguardo altrove, verso chi viveva una dimensione e una condizione di sofferenza. Ha aggiunto Jago- È un vantaggio enorme quando produci qualcosa destinata a diventare degli altri, significa imparare continuamente, come a scuola: ed è lì che io voglio stare”. A proposito del rapporto tra questa sua scultura e il Palazzo Reale di Palermo, Jago non ha mancato di sottolineare il fatto che un’opera d’arte sia assoggettata al valore e alla storia del luogo che la ospita e che, inevitabilmente, impone sull’opera stessa: “è, questo, il grande privilegio che questi spazi, regalati dal tempo e magnificamente custoditi, hanno la forza di concederci”.“L’allestimento di Look Down a Palazzo Reale esalta la fruizione di questo luogo unico e crea l’opportunità di nuovi approfondimenti e nuova rigenerazione – sostiene Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II- L’arte di Jago è anche comunicazione e ci stimola a difendere la bellezza espressa dall’arte, specialmente quando imprime ulteriore umanità a spazi come questi”.