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Attualità

L’omaggio al Francesco Crispi “riformista”

di massimilianoadelfio -





di PASQUALE HAMEL
Francesco Crispi è stato, sicuramente, uno dei grandi statisti della storia del nostro Paese alla cui costruzione ed al cui consolidamento ha dato un contributo non indifferente. Personaggio volitivo, dotato di grande coraggio e di una robusta formazione giuridica, non sempre ha goduto nella memoria collettiva, pesantemente segnata dalla sinistra marxista, di una buona reputazione. Basta, a questo proposito ricordare il giudizio tranchant di Gramsci che lo dipinge come un passionale giacobino, acceso statalista, fautore di una politica estera imperialista e di una politica interna repressiva, il tutto condito da un frasario altisonante. A rafforzare questa disistima contribuì certo lo storico Gioacchino Volpe che, esaltandolo come primo uomo di governo a nutrire grandi ambizioni per il proprio Paese ne fece una sorta di ispiratore del fascismo. Ma chi era in realtà, al di là dei miti e della denigrazione, Francesco Crispi, la risposta ci viene da Gaetano Armao, autore dell’interessante saggio, edito da Palermo University press, Francesco Crispi e le riforme amministrative. Per Armao, giurista di tutto rispetto con interessi storici non dilettanteschi, Crispi è soprattutto “un incessante promotore di riforme” tutto compreso nello sforzo di modernizzare lo Stato. Un innovatore dotato di cultura ed esperienza personale e professionale, strumenti necessari perché la politica non si riduca a “mero, se non bieco, esercizio del potere”. Un uomo dallo sguardo lungo protagonista della storia dell’Ottocento che ha confrontato il sogno, la passione che lo animava, con le condizioni nel quale doveva calarsi, in poche parole, un realista. Crispi, cui va riconosciuto il merito di avere operato avendo a modello “Lo Stato liberale moderno” va ricordato come colui che l’autore di un “progetto politico-amministrativo” che prevedeva anche l’ampliamento delle relative funzioni, necessario “a definire la costruzione dello Stato unitario.” A lui si deve una nuova e più adeguata definizione dell’organizzazione ministeriale, la riorganizzazione delle autonomie provinciale e comunale ma anche del sistema giurisdizionale con l’istituzione della IV sezione del Consiglio di Stato. Contraddicendo la lettura del politico autoritario e insensibile alla domanda di crescita economica e sociale, Armao dimostra che Crispi fu uno statista attento ai problemi della società italiana e, in particolare, a quelli del Mezzogiorno e della Sicilia, problemi di cui aveva una conoscenza tutt’altro che superficiale, tanto da indicare “reiteratamente la necessità di interventi che rispondessero alle condizioni di arretratezza e sottosviluppo del Mezzogiorno. Un democratico, che credeva nella forza trasformatrice della politica, il cui esercizio, e il raffronto con il tempo presente è d’obbligo, pretendeva tutt’altro che approssimazione o superficiale conoscenza dei problemi. Il saggio di Armao, che tiene conto della migliore pubblicistica su quello che fu definito lo Bismarck italiano, si manifesta, dunque, non solo di grande interesse scientifico per meglio comprendere il profilo reale di Francesco Crispi , ma come richiamo a chi oggi immagina che l’esercizio della democrazia per il politico possa prescindere dalla presenza di solidi bagagli culturali a supporto delle altrettanto necessarie “visioni” prospettiche.