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Attualità

Le strade che uccidono

di Redazione -





[di Antonino Marfia] Si tratta ormai di cronaca giornaliera, quasi un abitudine, al punto di non farci più nemmeno caso: sono le strade che uccidono. Gente che esce di casa per lavoro, per divertimento o altro, e non fa più ritorno a casa. Tragedie spesso imputate a distrazioni, che per carità in macchina o in moto non mancano, anche se delle condizioni vetuste a cui sono soggette le strade siciliane nessuno sembra accorgersene.

Le notizie di cronaca ci raccontano di una Sicilia diversa, non più terra di straordinaria bellezza e cultura millenaria, ma un’isola nota anche per la cronica inefficienza della sua rete stradale. Anno dopo anno, la cattiva manutenzione delle strade siciliane si è trasformata in una trappola mortale per chi le percorre, con incidenti che quotidianamente causano vittime e seminano disperazione tra le famiglie.

Le strade della Sicilia sono un caleidoscopio di problematiche, dalle buche profonde che costellano le arterie principali, alle frane che interrompono i collegamenti vitali, fino alla segnaletica spesso insufficiente o del tutto assente. In particolare, autostrade come la A18 e la A19 sono tristemente famose per il loro stato di degrado. Le carreggiate parzialmente chiuse e i limiti di velocità imposti in risposta alla cattiva manutenzione sono solo soluzioni temporanee a problemi strutturali che minacciano la sicurezza degli automobilisti.

Non sorprende, quindi, che la Sicilia registri un tasso di incidenti stradali tra i più alti d’Italia. Ogni giorno, le cronache riportano notizie di morti e feriti su strade che uccidono. Ad esempio, il recente incidente sulla Strada Statale 121, che ha causato la morte di due giovani, è solo l’ultimo di una lunga serie di tragedie che potevano essere evitate con una manutenzione adeguata.

Dietro questo scenario allarmante c’è una politica regionale inefficiente e poco lungimirante, incapace di programmare e realizzare interventi infrastrutturali adeguati. I ritardi nella pianificazione, l’inerzia burocratica e la mancanza di controllo sugli appalti pubblici sono solo alcuni dei fattori che hanno contribuito al deterioramento della rete stradale siciliana. Mentre in altre regioni d’Italia si vedono progressi significativi nella modernizzazione delle infrastrutture, in Sicilia le promesse di investimenti e di interventi si scontrano con una realtà fatta di immobilismo e scarsità di risultati concreti.

Nonostante gli annunci di investimenti e piani di ristrutturazione, come i 172 milioni di euro stanziati dal governo per il biennio 2024-2025, i lavori avanzano a rilento. I cittadini si trovano a fare i conti con un sistema che sembra incapace di reagire con la necessaria prontezza, mentre le strade siciliane continuano a deteriorarsi sotto il peso del traffico e delle intemperie. La mancanza di una visione politica chiara e di una leadership forte a livello regionale aggrava ulteriormente la situazione, lasciando la popolazione priva di speranza in un futuro migliore.

La rete stradale siciliana è uno specchio dell’inefficienza amministrativa e della debolezza politica che mette a rischio la vita di migliaia di persone ogni giorno. Finché la manutenzione delle strade non diventerà una priorità concreta e non solo un tema di promesse elettorali, la Sicilia continuerà a pagare un prezzo altissimo in termini di vite umane. Gli incidenti stradali non sono solo numeri su un bollettino ma sono tragedie che distruggono famiglie e lasciano cicatrici indelebili nelle comunità. È tempo che le istituzioni, a partire da quelle regionali, agiscano con decisione, trasformando le parole in fatti per garantire finalmente la sicurezza di chi percorre le strade dell’isola. 

Dietro ogni incidente c’è una storia di dolore e disperazione. Le vittime non sono solo numeri nei bollettini delle cronache nere, sono genitori, figli, amici che non tornano più a casa. Le famiglie colpite da queste tragedie si trovano improvvisamente a dover affrontare un vuoto incolmabile, oltre al senso di ingiustizia per la perdita di una vita causata da una situazione che poteva e doveva essere evitata. Ogni incidente è un colpo al cuore della comunità, che si ritrova a piangere morti assurde e a chiedersi quanto ancora dovrà durare questo calvario.

La questione delle strade che uccidono è una ferita aperta nel tessuto sociale dell’isola. Ogni incidente riapre vecchie cicatrici e fa crescere la sensazione di essere cittadini di serie B, costretti a vivere in una terra dove anche il diritto alla sicurezza stradale viene negato. Le storie di chi ha perso un caro per colpa di una buca, di una curva mal segnalata, di un ponte pericolante, sono racconti che pesano come macigni sulla coscienza collettiva, ma che troppo spesso cadono nel vuoto dell’indifferenza.

Antonino Marfia