La filiera ittica dimenticata e quella Zee incompiuta
di GIUSEPPE MESSINA
L’Italia e la sua politica estera altalenante; impegnata a promuovere il Piano Mattei, a riappropriarsi del ruolo di paese protagonista nell’area mediterranea, ad esercitare la funzione di capofila nell’approvvigionamento energetico europeo, dimentica il settore della pesca. Attività economica primaria e strategica per volumi prodotti e per valore economico espresso, per occupazione lungo la filiera ittica e per patrimonio culturale fatto di know-how, tradizioni, professionalità da sempre, la pesca resta fuori dall’agenda di governo. Per correttezza, va detto che questo atteggiamento di assenza sulle scelte verso il settore della pesca non riguarda soltanto l’attuale governo, ma ricomprende, trasversalmente nel tempo, tutti quelli precedenti, a partire dagli anni novanta dello scorso secolo. E lo affermiamo assolutamente con cognizione di causa. Non ci risulta al momento che, tra i dossier aperti dal governo nazionale, nel Mediterraneo, con i paesi confinanti o frontalieri, vi sia traccia della pesca e delle annotazioni indispensabili per definirne la sua difesa ed il suo rilancio economico e produttivo, e quindi occupazionale. A sostegno lampante di quanto propugnato, vi raccontiamo la storia della creazione della Zona Economica Esclusiva, che l’Italia ha istituito con legge 14 giugno 2021 n.91. Prescindendo dal fatto che il nostro paese si approccia a questo risultato con un ritardo spaventoso di oltre mezzo secolo, ciò che più risalta è l’istituzione con legge approvata dal Parlamento italiano ed il mancato completamento dell’iter procedurale, che ne vanifica ogni effetto. Tant’è che, una volta approvata la legge dal Parlamento, per essere operativo lo strumento della Zee, occorreva e occorre l’emanazione di un Decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro degli Affari Esteri. Passaggio fondamentale, questo, per consentire l’attivazione di un successivo percorso istituzionale: l’avvio dei negoziati con i paesi adiacenti o che fronteggiano l’Italia per addivenire a specifici accordi sulla delimitazione della Zee, indubbi benefici economici. Ma che cos’è la Zee? È un istituto disciplinato dal libro V della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare, redatta a Montego Bay (Giamaica), il 10 dicembre 1982 ed alla quale l’Italia ha aderito con legge 2 dicembre 1994 n.689. La Zee può estendersi non oltre le 200 miglia dalle linee di base da cui è misurata l’ampiezza del mare territoriale (misurato in 12 miglia dalla costa). Il regime di delimitazione della Zee tra lo stato italiano e i paesi Mediterraneo deve farsi per accordo in modo da raggiungere un’equa soluzione. Con la Zee l’Italia beneficia di diritti sovrani ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche e minerali, che si trovano nelle acque sovrastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo. I benefici includono anche la produzione di energia a partire dall’acqua, dalle correnti e dai venti, e della della risorsa di maggior rilievo, ossia la pesca. Ma c’è di più: il Bacino mediterraneo presenta la caratteristica che la distanza tra le coste opposte è sempre inferiore a 400 miglia. Per fronteggiare l’esigenza di tutelare le risorse ittiche dal continuo depauperamento messo in atto da flotte pescherecce provenienti dall’Estremo Oriente (vedi il caso della cattura del Tonno rosso, specie pregiatissima), molti Stati hanno istituito da tempo delle ZEE. Parliamo di Croazia (2023), Spagna (2013), Tunisia (2005), Libia (2009) ai quali vanno aggiunti Cipro, Turchia, Egitto, Libano, Marocco, Israele, Monaco, Siria e Algeria. Perché, dunque, l’Italia c’ha messo tanto tempo per far valere i diritti quale stato costiero verso gli Stati dirimpettai? Perché non si è ancora completata la procedura di istituzione della Zee? È mero disinteresse verso la pesca italiana, e siciliana, o altro? L’auspicio è che il dossier della pesca possa costituire obiettivo prioritario del governo nazionale, come step fondamentale per contrastare certi atteggiamenti di taluni Stati africani o asiatici nella gestione delle risorse ittiche e per modificare l’atteggiamento dell’Ue, che sta fortemente danneggiando l’attività di pesca millenaria dei nostri straordinari pescatori con continui controlli, divieti e limitazioni, che finiscono col favorire le economie di altri Stati.