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Interrogati i sette dello stupro di Catania: il Dna li inchioda

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di Redazione- Lo stupro di Catania

“Vi imploro, vi supplico, non mi fate del male, lasciatemi andare…”. Le parole disperate sono della tredicenne violentata il 30 gennaio nei bagni pubblici di Villa Bellini a Catania. La giovanissima ha provato a dissuadere il branco di sette ragazzi di origine egiziana, tre dei quali minorenni, ma non è bastato.
Intanto sono al lavoro gli inquirenti: il Dna estratto dalle tracce biologiche prelevate dagli indumenti della tredicenne ha una coincidenza con quello del settimo fermato. Per l’accusa è la conferma della sua partecipazione agli abusi ai danni della ragazzina, che lo ha accusato e riconosciuto nel confronto “all’americana” che si è svolto alla presenza del magistrato che coordina le indagini dei carabinieri.
La ragazza, quindi, ha identificato i due minorenni. Non è riuscita invece a identificare gli altri cinque che avrebbero fatto parte del gruppo, affermando di non averli visti in viso e di non volere accusare degli innocenti. A contribuire all’identificazione degli altri, oltre a uno di loro che ha collaborato, sarebbe stato anche il fidanzato della 13enne costretto da questi ad assistere allo stupro.
Intanto, nella mattinata di ieri si è svolta a Catania l’udienza di convalida delle misure cautelari nei confronti dei sette componenti del gruppo. Le richieste di convalida sono state avanzate al gip dal procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita, dal sostituto Anna Trinchillo e dal procuratore per i minori del capoluogo Carla Santocono. Solo uno dei componenti del branco, che ha collaborato con gli inquirenti consentendo di identificare gli altri sei ragazzi, tutti di origine egiziana, si trova ai domiciliari. Un indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere l’altro invece si è fatto interrogare e ha risposto alle domande del gip. “Il primo vive in comunità il secondo lavora ad Acireale. Sono nel Catanese da due anni” ha detto l’avvocato Alessandro Fidone che assiste due dei maggiorenni tra i fermati. Uno di loro durante l’interrogatorio sarebbe scoppiato a piangere. Ma il giovane, come si apprende, non ha però mostrato “segni di pentimento” su quanto accaduto. Il penalista ha precisato che il giovane che ha parlato con il gip “si è detto estraneo ai fatti” aggiungendo che “era sul posto ma non ha partecipato all’aggressione e ha capito la gravita dei fatti”. Per ora tutti i giovani indagati hanno avvocati d’ufficio.
Intanto la Lega attacca il governo di cui fa parte per il caso dello stupro subito dalla ragazzina di 13 anni a Catania. Fabio Cantarella, già assessore alla Sicurezza urbana del capoluogo etneo e componente della segreteria politica nazionale di Matteo Salvini, oltre che attuale responsabile per la Lega dei dipartimenti regionali, accusa il Comune ed il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. E dice: “Alla Villa Bellini di Catania non si è solo consumato un fatto gravissimo ma abbiamo avuto la prova della mancanza di responsabilità rispetto alla custodia e alla sicurezza di un luogo pubblico, ubicato in pieno centro, di proprietà del Comune di Catania e gestito dallo stesso Comune. Questo accade quando ci si improvvisa amministratori locali per soddisfare il proprio ego senza sentire la missione del servizio al cittadino”.
L’attacco all’amministrazione comunale, targata Fratelli d’Italia con il sindaco Enrico Trantino, non è l’unico affondo dell’ex assessore alla Sicurezza del Comune di Catania dopo lo stupro di Villa Bellini.
Secondo Cantarella, infatti, “anche il governo nazionale ha le sue responsabilità, su tutti il ministro dell’Interno che dovrebbe trovare il coraggio di ritornare ad attuare le politiche del suo predecessore, Matteo Salvini, contro l’immigrazione incontrollata”. Tutto questo “anche a costo – conclude – di subire un processo”.