Leggi:

Mosaico

In Sicilia il centrodestra nella tempesta: tra inchieste e strategie per restare a galla

di Vincenzo Migliore -





La politica siciliana, si sa, è un terreno fertile per mutazioni improvvise e alleanze di convenienza. Oggi, però, l’opportunismo sembra aver sostituito la visione. Nelle stanze del potere regionale si respira un’aria tesa, quasi rarefatta, dove ogni scossa giudiziaria si trasforma in faglia politica, e ogni dichiarazione pesa come un macigno sulle alleanze che tengono in piedi la maggioranza di governo.

L’effetto domino delle inchieste

A innescare l’ennesima tempesta è stato il caso che ha travolto la Democrazia Cristiana siciliana, con il segretario Totò Cuffaro indagato per corruzione. Una vicenda che ha riaperto ferite mai del tutto rimarginate e riacceso i riflettori su una “questione morale” che attraversa l’intero centrodestra isolano.

Non si tratta solo di un’inchiesta, ma del simbolo di una stagione che rischia di degenerare in un cortocircuito politico. Il presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e l’assessore regionale al Turismo Elvira Amata, entrambi di Fratelli d’Italia, sono a loro volta al centro di indagini delicate. Il quadro complessivo, dunque, appare quello di una coalizione sfilacciata, in cui la stabilità istituzionale convive con una diffusa inquietudine.

Miccichè e la nuova geografia del consenso

In questo scenario, c’è chi fiuta l’occasione per ridisegnare la mappa del consenso. Gianfranco Miccichè, ex presidente dell’Ars e navigato regista della politica isolana, ha colto il momento per rilanciare il suo progetto “Grande Sicilia”, insieme a Raffaele Lombardo e Roberto Lagalla. Il messaggio è chiaro: la fiducia dei cittadini nella politica è a un punto critico, e chi saprà incarnare credibilità e radicamento potrà intercettare un elettorato smarrito e deluso. Ma dietro la retorica del rinnovamento, molti leggono l’ennesima mossa tattica in vista di futuri equilibri, più che una reale rinascita della classe dirigente.

L’ombra di De Luca e la partita di Palermo

A rendere ancora più complesso lo scenario, si aggiunge la strategia di Cateno De Luca, che continua a muovere le pedine del suo movimento “Sud chiama Nord”. Pur senza esporsi direttamente, l’ex sindaco di Messina guarda a Palermo, dove si prepara un nuovo scontro elettorale. Il suo obiettivo non è solo la conquista del capoluogo, ma la costruzione di una rete alternativa capace di drenare voti proprio dal centrodestra tradizionale.

Una coalizione al bivio

Il centrodestra siciliano si trova dunque davanti a un bivio: rigenerarsi o implodere. La tentazione dell’autoconservazione — del “tirare a campare” per restare a galla — rischia di prevalere su ogni slancio riformatore. La miscela è potenzialmente esplosiva: indagini in corso, rivalità interne, leadership indebolite e la crescente distanza tra politica e cittadini. Tutti elementi che minano le fondamenta di una coalizione nata per governare ma che oggi appare più impegnata a sopravvivere.

Se il governo Schifani non troverà una sintesi capace di coniugare legalità e stabilità, il rischio è quello di una crisi di sistema, non solo politica ma culturale. Come ricordava Leonardo Sciascia, “in Sicilia la linea della palma avanza sempre”, ma stavolta l’avanzata sembra più quella del disincanto che della speranza.