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Il credo di Paolo Borrometi: “Sono i giovani a fare il presente”

Un impegno costante, di oltre 10 anni, a rischio continuo. Per rivolgersi alle nuove generazioni, il direttore dell'AGI, ha scritto un libro dedicato a Don Pino Puglisi

di Redazione -





Oltre dieci anni di lotte contro le cosche e una vita sotto scorta per una minaccia di morte intentata a seguito della sua attività giornalistica, alla quale ha aggiunto nel tempo anche una produzione fatta di libri di inchiesta, l’ultimo dei quali, Traditori (Solferino), costituisce un prezioso contributo alla conoscenza della mafia: Paolo Borrometi, condirettore dell’Agi, si è mosso anche nell’ambito della ricerca storica legata al fenomeno mafioso ed ha da poco pubblicato Siate rompiscatole (Mondadori) sul martirio di don Puglisi. Il suo più significativo risultato è stato l’apertura di procedimenti penali scaturiti dalla sua azione di giornalista e scrittore.
“Penso di aver aiutato il territorio siciliano, ibleo in particolare, che nascondeva la polvere sotto i tappeti, a denunciare quello che non va – dice a L’Identità. – Io ho fatto soltanto una minima parte come hanno fatto anche tanti altri. Il giornalista può solo denunciare, perché poi il grosso del lavoro viene compiuto dalle forze dell’ordine che hanno avviato diverse indagini alcune terminate anche con importanti arresti. Ricordo i boss di Vittoria su cui ho scritto, poi i boss di Pachino, quelli di Comiso, gli affari tra mafia e politica, tutti elementi che sono più che altro serviti a risvegliare le coscienze.
Resta comunque un’amarezza dovuta a chi continua a non comprendere i sacrifici che sono stati fatti perché in questi anni ho perso tantissimo della mia vita che a trent’anni poteva essere ben diversa”
Il tuo lavoro si rivolge spesso agli alunni, come nel caso del libro su don Paolo Puglisi, presentato in una scuola palermitana. Quale reazione speri di suscitare in classe?
Una delle mie inchieste alle quali sono più affezionato, che è quella sul Consorzio del pomodoro di Pachino, è nata all’interno di una scuola. È stata una studentessa a darmi l’informazione giusta. Ricordo che venne da me subito dopo un incontro in una scuola di Pachino e mi disse che il boss di cui sempre parlo, Salvatore Giuliano, non ha soltanto tentato di eleggere un sindaco a lui vicino ma gestisce una delle ditte più importanti di produzione e commercializzazione del pomodoro di Pachino. Si è trattato di una informazione che io sconoscevo totalmente ed è così che mi misi a richiedere le visure camerali per poi rendermi conto che effettivamente una delle ditte del consorzio Igp di Pachino che si chiamava la Fenice S.r.l. aveva all’interno della quota societaria il figlio del capomafia ed il figlio del suo braccio destro. Lo scrissi ed oggi quella è una ditta sequestrata per mafia. Questa informazione mi arrivò in una scuola perché i ragazzi possono e debbono comprendere che loro non sono il futuro, come viene fatto credere, ma il presente nel quale assumersi responsabilità.
Quindi significa questo “essere rompiscatole”.
È esattamente questo. Padre Pino Puglisi, quando diceva “dovete essere rompiscatole” chiedeva ai ragazzi di rendersi conto che il futuro parte dal presente e dalle nostre azioni nel quotidiano. Ma se ci rifletti, perché Padre Puglisi è stato ucciso? Perché in un quartiere, Brancaccio di Palermo, da sempre considerato un territorio solo di mafia lui fece due cose assolutamente rivoluzionarie: dare un pallone per fare giocare i ragazzi e toglierli dalla strada e dalla mano delle mafie, e andare nelle scuole a parlare con i giovani per invitarli a non essere succubi delle mafie. Questa è stata la rivoluzione culturale che ha messo in ginocchio i boss di Brancaccio. E questo è stato il motivo per cui i fratelli Graviano ne hanno ordinato l’eliminazione. Purtroppo don Puglisi era circondato anche da tante persone insospettabili che hanno ordito alle sue spalle.
Anche loro quindi dei traditori. Ma chi sono i traditori di cui parli nel tuo libro?
I traditori sono di più tipi. I principali sono quelli che hanno giurato sulla Costituzione e invece fanno gli interessi dei criminali. Questi sono i traditori canonici, quelli più semplici da individuare. Per me i traditori peggiori sono però i cittadini che si girano dall’altro lato, anche magari senza rendersene conto. Parlo di quanti sanno ma fanno finta di non sapere nulla senza rendersi conto di tradire i propri figli.
Quando i ragazzi ti chiedono se hai paura cosa rispondi?
Come fai a non avere paura quando hai in corso 58 processi che ti vedono come vittima? Io vivo con la paura, ma cerco di spiegare sempre ai ragazzi che la paura non deve bloccare le gambe ma ti deve dare la forza di andare avanti con la consapevolezza del pericolo e del rischio.
Se cedi alla paura ha invece vinto chi quella paura vuole istillartela proprio per bloccarti.