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Economia

Il commercio in Sicilia soffre, il crollo è verticale ma c’è speranza

di Salvatore Cannata -





Non è un quadro impietoso ma la situazione generale nel mondo del commercio siciliano è comunque complicata. Meno di quanto sembrerebbe da un’analisi sommaria ma certamente più di quanto ci si augurerebbe. Per ogni saracinesca che si abbassa, infatti, non ce n’è un’altra che si alza.

E dunque, la crisi c’è, si vede, si tocca e si commisura con una linea generale che nessun indicatore pone come possibile per cambiare rotta. Il commercio siciliano, per così dire, ‘al dettaglio’, vive e subisce la concorrenza e il problema dell’online; ma non solo. Certamente, ben più di un lucchetto si è chiuso per questo, In Sicilia, come altrove.

Quando il presidente regionale di Confcommercio, Gianluca Manenti (la cui lunga intervista vedete qui a fianco) parla della crisi del commercio isolano cercando di far capire come non sia una prerogativa siciliana ma un problema generalizzato e diffuso, non lo fa per soddisfare il vecchio adagio del “mal comune, mezzo gaudio” quanto per far capire che c’è bisogno davvero di un’inversione di tendenza totale e con politiche mirate. “Nessuna regione sfugge alla riduzione di nuove imprese del commercio, con livelli di aperture nel 2023 ovunque inferiori rispetto allo scorso anno”, è l’amara constatazione che Manenti fa all’Identità Sicilia.

Perché nei fatti l’Isola, secondo i dati che comunica Confcommercio Sicilia, risulta essere al -10% rispetto al 2022 e si stima che in questo anno, abbiano tirato su la saracinesca poco meno di un migliaio di attività nel comparto, il 10% in meno rispetto al 2022. Tutto sommato, può starci. Ma è nel confronto decennale dove invece la denatalità è peggiorata e, in proporzione, ci troviamo al quarto posto in Italia.

Sempre secondo dati Confcommercio, la Sicilia, fa registrare il -61% di imprese, pari a -2.360 iscrizioni. “Se invece guardiamo al numero assoluto delle nuove aperture, sempre rispetto al 2013, la Sicilia fa registrare -2.360 nuove imprese rispetto al 2013”, l’ultimo dettaglio specifico che Manenti diffonde. C’è un comparto che più d’ogni altro, sembra risentire della concorrenza dell’acquisto a distanza: il settore dell’abbigliamento.

Siamo a ridosso del Natale e, a parte qualche voce isolata, in pochi hanno chiesto l’anticipo dei saldi. Qualcuno, autonomamente, già lo fa. La fotografia dei saldi invernali scattata da Confcommercio e Format Research a gennaio scorso, spiegano da Confcommercio Sicilia, “aveva illustrato un lieve aumento della platea di coloro che avevano deciso di fare acquisti durante questo periodo con una percentuale che saliva al 65%, in crescita del 2,7% rispetto all’anno scorso”.

“Sono numeri che, secondo noi, saranno confermati anche in questa nuova stagione perché si tratta di un rito che per oltre l’80% dei siciliani rappresenta un’occasione per fare ‘affari’ e per acquistare articoli che altrimenti non potrebbero permettersi”. E’ la dichiarazione che infonde fiducia. che arriva dal vertice dell’associazione dei commercianti siciliani. Non un auspicio e neppure una pia illusione quanto un’analisi basata sull’esperienza dei dati ma, soprattutto, su un vissuto che autorizza ad un briciolo di ottimismo.

Ma c’è un ultimo dato che invece, sembra aprire al pessimismo: Chi non farà acquisti, il 66% lo farà per risparmiare, mentre 1 su 3 per il peggioramento della propria situazione economica. “Quindi, ancora oggi, i saldi si possono definire un’ancora di salvezza sebbene la gestione degli stessi debba essere fatta cum grano salis”, spiega Manenti. Ma quel 33% che non comprerà con gli sconti perché non ha i soldi, ci dice che forse, l’analisi sociale va fatta più in profondità in Sicilia. Non limitandosi a ciò che emerge ma andando più a fondo.