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Iblea Acque: il braccio di ferro per evitare lo straripamento

di Redazione -





di CESARE PLUCHINO
C’è stato un tempo in cui illuminati amministratori portarono Ragusa e la sua provincia a eccellere in Sicilia, si parlava solo di “isola felice”, in un panorama siciliano dove anche grandi realtà metropolitane stentavano ad affermarsi. Indicatori positivi soprattutto per gli aspetti economici, grandi potenzialità offerte dal riconoscimento UNESCO, i primi assaggi dell’enogastronomia del territorio che potevano costituire la rampa di lancio definitiva per il turismo. Oggi Ragusa appare ingessata, senza futuro, con un turismo tutto da inventare, una economia che vede crescere il numero dei capannoni industriali dismessi, uno spopolamento commerciale da fare paura, centri storici di grande valenza urbanistica che stanno diventando cattedrali nel deserto. Come cornice un aeroporto, quello di Comiso, che non decolla, una superstrada Ragusa-Catania che non fa intravedere tempi brevi per il collegamento, un’autostrada che non arriva, un porto turistico che di turismo non porta nulla, collegamenti ferroviari primordiali. Tutto questo nell’incosciente colpevolezza di una classe politica di principianti del settore, di paladini del civismo che non sanno essere né politici, né civici. Problematiche molteplici, tra cui quella dell’idrico e le vicende della società Iblea Acque, costituita dall’assemblea dei sindaci dei 12 comuni della provincia per gestire l’idrico come da disposizioni regionali, la società creata dall’Assemblea Territoriale Idrica per mantenere l’acqua totalmente pubblica e gestire l’idrico e le fognature di tutto il territorio. Indiscutibili le finalità della società, gli scopi, ma affidati a politici che hanno dimostrato la più totale inadeguatezza per la gestione di una società, peraltro pubblica. I limiti mastodontici di questa società sono oggi l’emblema dell’arretratezza del mezzogiorno. Siamo abituati a carrozzoni politici come ATO Ambiente, come le SRR, ora un altro carrozzone, ATI idrico ha generato l’ennesimo esemplare di inefficienza meridionale. Limiti che sono stati svelati grazie all’azione, inizialmente isolata, di un consigliere comunale a Ragusa che, ad agosto scorso, interroga il sindaco, anche nella sua qualità di Presidente dell’Assemblea dei Sindaci e del Comitato di Controllo Analogo di Iblea Acque, su assunzioni nella società, su nuovi assunti che diventano dirigenti, su concorsi indetti senza adeguata pubblicità e trasparenza, con metodi definiti “taylor made”, cuciti su misura per quelli che dovevano essere assunti. Il sindaco di Ragusa ha dovuto ammettere le irregolarità e ha indetto un nuovo bando, anche questo contestato per la richiesta di titoli di laurea oggi non più esistenti, che ha subito il rilievo dell’assessorato regionale agli enti locali per la designazione diretta di un Amministratore Unico della Società, con un compenso di 95.000 euro annui che, in quanto dirigente regionale in quiescenza, non potrebbe ricevere compenso e avrebbe potuto rivestire l’incarico solo per un anno. In questo coacervo di irregolarità e di illegittimità vengono giù a cascata i limiti di una società che deve gestire l’idrico e le fognature, con un capitale sociale esiguo, di 97.000 euro. I sindaci, in assemblea, sembrano prima non capire cosa sta montando, qualcuno, più esperto mette nero su bianco il dissenso per palesi irregolarità nella gestione e nelle scelte. Ogni giorno di più viene fuori la realtà di una società costituita e avviata senza Piano Economico Finanziario, senza un’idea chiara, essenziale per una qualsiasi società, di quali potrebbero essere le entrate e le uscite. A due anni dalla costituzione, Iblea Acque non ha tutti i ruoli delle utenze nei vari comuni, ci sono comuni dove non ci sono contatori, altri dove gli allacci abusivi sono di più di quelli regolari, hanno istituito una tariffa unica sul territorio, non c’è ancora il personale sufficiente per cui le manutenzioni straordinarie, gli interventi di emergenza, restano a metà fra società e i singoli comuni che anticipano le spese. Il capoluogo continua a pagare mensilmente circa 600.000 al mese per le bollette di energia elettrica necessarie per il sollevamento delle acque dalle sorgenti, ha già accumulato crediti per circa 10 milioni di euro che cominciano a preoccupare l’ufficio ragioneria del Comune capoluogo, perché Iblea Acque incassa le bollette dell’idrico ma non paga quelle dell’energia elettrica. Iblea Acque fu costituita, in fretta e furia, sottoponendo ai consigli comunali la necessità di fare presto per non perdere la possibilità di finanziamenti del Pnrr: non è arrivata una lira perché i progetti sono rimasti in fondo alla graduatoria. Per gestire una società servono capacità e, forse, i sindaci non comprendono nemmeno il significato della cosa. Nella sua battaglia, il consigliere Mauro ha trovato come alleati il capogruppo e segretario cittadino del Partito Democratico che per le questioni di Iblea Acque è addirittura in rotta di collisione con il suo segretario di Federazione, sindaco di Giarratana e Presidente di ATI Ragusa. Ci sono anche il consigliere Mandarà, di Insieme per Santa Croce Camerina, e Giovanna Caruso, ex assessore di Giarratana, in rotta con il suo sindaco presidente ATI, Giaquinta. Sono tutti consiglieri di opposizione e l’assemblea dei sindaci sembra non ascoltarli: solo il sindaco di Vittoria, vicino al Pd, ha scelto di defilarsi temporaneamente dalla società, ma non appoggia apertamente l’azione di questo manipolo di paladini che cerca di arginare lo straripamento di Iblea Acque. Comprendiamo come sia difficile ammetterlo, ma è una storia tipicamente siciliana.