I SICANI – La battaglia senza fine del guerriero elimo
di MICHELE GELARDI
Correva l’anno 2006 e la Provincia di Palermo decise di acquistare la statua di bronzo del guerriero elimo, opera del grande maestro Igor Mitoraj. L’iniziativa si deve al vice Presidente dell’epoca, prof. Tommaso Romano, insigne filosofo e poliedrico intellettuale di solida cultura umanistica. Oggi la pregevole opera versa in condizioni pietose di semiabbandono e questo giornale ha voluto raccogliere le dichiarazioni e i commenti del palermitano, che più di ogni altro ha voluto ornare la città di uno splendido omaggio alla storia siciliana, sui due “perché” della vicenda: causale e finale.
Tommaso Romano ci ha narrato la storia di una grande amicizia e consonanza intellettuale, che fa luce sul primo “perché”. Com’è noto, l’artista polacco si stabilì in Toscana a Pietrasanta e divenne un italiano per elezione, affascinato dal Mediterraneo, dalla sua storia millenaria, dalle sue radici grecoromane, dalla mitologia che evoca la perennità della grandezza e miseria dell’uomo. Nel suo percorso intellettuale e artistico non poteva mancare la Sicilia, con i suoi Sicani, Siculi ed Elimi, progenie dei creatori e narratori del mito a fondamento della nostra civiltà. Né poteva mancare l’affinità elettiva e l’incontro personale con un pensatore che quelle radici storiche e mitologiche ravvisava, e direi sentiva, fonte ispiratrice dei suoi lavori, ne “respirava” l’alito e valorizzava la linfa. Da qui nasceva un sodalizio insieme umano e intellettuale, nel quale è difficile distinguere l’una componente dall’altra. Romano si opponeva alla scuola degli “immobilisti-feticisti” – i quali vorrebbero imbalsamare le vestigia del passato ed evitare qualsiasi “contaminazione” tra il passato e il presente – in virtù della stessa ragion d’essere dell’arte, che trascende il tempo e aspira all’assoluto e all’eternità. L’arte moderna è vista da lui nel continuum della storia; in essa si attualizza la perenne e immutabile dimensione catartica del mito; nulla dunque si sottrae alla “sacralità” dell’arte, accostando l’opera moderna all’antica, entrambe espressioni, in forma e tempi diversi, dell’eternità dello spirito. Le opere di Mitoraj, raffiguranti gli eroi mitologici, trovano nella valle dei templi la loro naturale collocazione, legando il passato al presente, nulla togliendo alla conservazione storica del sito, valorizzandone anzi la preziosissima capacità evocativa e simbolica. Allo stesso modo, osserva Romano, la statua del guerriero elimo ben si innesta nel sito palermitano di Porta Felice, la quale costituiva il punto d’ingresso dentro le mura della città antica, per chi venisse dal mare; e dunque il luogo più significativo d’intersezione tra il mondo edificato dall’uomo, nella città, e il mondo della natura che non può essere soggiogato dalla volontà dell’uomo, della cui immensità il mare è l’espressione più eloquente In questo punto era giusto che approdasse il guerriero elimo di Igor Mitoraj, innanzi al loggiato di S. Bartolomeo, proprio accanto alla porta di quel mare da cui proveniva.
La città di Palermo, purtroppo, dopo aver accolto il guerriero e avergli tributato il doveroso omaggio, per iniziativa del sodalizio umano e intellettuale Mitoraj-Romano, lo ha presto dimenticato, relegandolo in solitudine, in mezzo a uno spicchio di verde “attrezzato”. Ma attrezzato di che? Fino a qualche giorno fa di “munnizza”. Oggi forse un po’ meno, ma pur sempre attrezzato di fogliame sparso, che copre lo scudo del guerriero, e di ruggine che deturpa la base della statua. Pare che perfino Google-maps se ne sia dimenticato, dal momento che la piazzetta Rosario La Duca è segnalata con un’indicazione strana, molto approssimativa, che conduce il volenteroso visitatore a circa 300 metri di distanza, all’interno della Kalsa. Ovviamente nessun cartello allevia le fatiche della sua ricerca. E se costui decidesse di provarci dopo il tramonto del sole, dovrebbe munirsi di torcia elettrica, poiché manca qualunque impianto di illuminazione. Non vorremmo usare parole troppo forti; dobbiamo comunque parlare, se non di degrado, quantomeno di una condizione di incuria e abbandono. Il guerriero elimo innalza il suo scudo in mezzo al nulla. Pare che la sua presenza debba essere occultata. Pare proprio che i nuovi barbari vogliano fare la loro guerra, ispirandosi alla cancel culture e perciò occultando i più potenti segni della civiltà occidentale: le opere d’arte che parlano della nostra storia. Al contrario, noi ci auguriamo che il guerriero elimo vinca la sua battaglia e confidiamo sul “perché” finale, configurato da Tommaso Romano, in generale, in termini di funzione catartica dell’arte e, nello specifico, in termini di monito e speranza che “le Autorità comunali si adoperino immediatamente, affinché i palermitani e i turisti possano ammirare la scultura di Mitoraj nel dovuto contesto di decoro e prestigio”.