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Cronaca

I gambiani chiedono giustizia per Kitim, accoltellato a Ballarò

di Marco Gullà -





Perché Kitim Ceesay, il ventiquattrenne gambiano, morto giovedì al Policlinico di Palermo, è stato ucciso?
Se lo chiede la comunità gambiana di Palermo che per oggi pomeriggio ha anche indetto una manifestazione dopo quanto accaduto al giovane africano. Cercano testimoni per ricostruire quello che è successo davvero al ragazzo che sarebbe stato anche investito dopo essere stato accoltellato a Porta Sant’Agata, a Ballarò. Debiti? Droga?
Al momento gli investigatori battono qualsiasi pista. Kitim era residente a Palermo dal 2016. Era arrivato in Sicilia dall’Africa e, sebbene risultasse senza fissa dimora, conviveva insieme a una donna con la quale aveva avuto un figlio. Il secondo figlio era in arrivo.
Il 5 marzo scorso il giovane è andato in ospedale per una brutta ferita, inferta con un’arma da taglio. I medici si sono presi cura di lui e hanno segnalato il fatto alla polizia che è intervenuta al pronto soccorso per ricostruire i contorni della vicenda. Da parte del 24enne però non ci sarebbe stata alcuna collaborazione e, anzi, avrebbe creato non pochi problemi sia allora che nei giorni a seguire. Chi lo conosceva lo ricorda come un ragazzo buono, non violento, ma capace di mettersi nei guai anche per via dei suoi problemi di tossicodipendenza.
La comunità gambiana ha anche scritto un comunicato sostenendo che il ragazzo “ha costruito relazioni e la sua famiglia. Secondo quello che è stato raccontato alle associazioni e ai familiari, quello che è successo vicino a Porta Sant’Agata non è stato un incidente stradale, ma un atto di violenza con arma da taglio e un successivo tentativo di travolgerlo con l’auto”.
Sulle due fasi del delitto c’è però ancora un mistero. Prima si è ipotizzato che il giovane sia stato investito dopo essere stato accoltellato, nel tentativo di fuggire. Poi che invece sia stata una sola persona prima a colpirlo con l’auto e poi ad accoltellarlo. Adesso la comunità di africani rilancia la prima ipotesi, al termine di una investigazione condotta sentendo alcune testimonianze.
Stando, inoltre, a quello che ha raccontato la comunità alla polizia, l’aggressore di Kitim sarebbe un cittadino palermitano. A Ballarò, tra le voci del mercato e i vicoli dove lo spaccio di crack è h24, nessuno vuole parlare. “I tuicchi” – così vengono etichettati dai palermitani i cittadini di colore che vivono nel quartiere di Ballarò – è come se vivessero separati dai residenti italiani. Integrazione ma non troppo.
La comunità gambiana però alza la voce, non ci sta e vuole la verità. “Kitim è morto nella sua città, in un contesto e periodo scandito da diversi episodi di violenza razzista che le realtà territoriali denunciano da tempo. Le persone marginalizzate, e soprattutto quelle razzializzate, subiscono abusi e violenza fisica e verbale. Diciamo basta alla violenza e al razzismo. Non si possono ignorare i problemi vissuti da tante persone nei quartieri popolari di Palermo, fra cui Ballarò, ormai marcati da una totale mancanza di servizi statali”.