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Politica

Domiciliari revocati a Dario Safina: scatta l’obbligo di dimora

di Salvo Gallo -





Sono stati revocati gli arresti domiciliari al deputato regionale del Pd Dario Safina, indagato per turbativa d’asta e corruzione. Le accuse si riferiscono al periodo in cui era assessore ai lavori pubblici del comune di Trapani, prima di essere eletto, il 25 settembre del 2022, al parlamento regionale siciliano. Safina subì la misura cautelare lo scorso 24 gennaio assieme al direttore generale della Trapani Servizi e all’Energy Manager per la Sicilia di una società operante nel settore dell’illuminazione pubblica con l’accusa, a vario titolo, di turbativa d’asta, corruzione e rivelazione di notizie d’ufficio. A dare notizia della revoca degli arresti domiciliari, nel pomeriggio di ieri, sono stati i legali di Safina.

Poco soddisfatti comunque del provvedimento messo in atto dal Giudice per le Indagini Preliminari: “Prendiamo atto del provvedimento con il quale il GIP, a seguito dell’interrogatorio dell’onorevole Dario Safina, ha sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella meno afflittiva della misura dell’obbligo di dimora nei comuni di Trapani e Erice”, scrivono gli avvocati Giuseppe Rando e Salvatore Longo. Aggiungendo però, di ritenere “ingiusta anche quest’ulteriore decisione. Abbiamo sempre sostenuto l’inesistenza di qualsivoglia ipotesi di reato contestata al nostro assistito e di conseguenza, l’insussistenza di esigenze cautelari”. Sostanzialmente, insomma, per i due legali che difendono Safina, non ci sono termini e presupposti perché ci siano gli estremi per una misura afflittiva nei confronti di Safina. A parere della difesa insomma, è un’indagine quella che coinvolto l’esponente dem trapanese al Parlamento siciliano “pervasa da evidenti lacune istruttorie che sarebbero state evitate se fossero stati acquisiti tutti gli atti della complessa vicenda amministrativa che ha riguardato, negli anni, i rapporti tra il Comune di Trapani e la City green Light Srl”.

Sostanzialmente e provando a dare una chiave di lettura semplificata di quanto successo, Safina è accusato di avere favorito un’azienda ottenendo in cambio benefici economici non per se ma per la città di Trapani in termine di finanziamenti per opere e interventi di pubblica utilità come l’illuminazione di un monumento o altre iniziative che, secondo i giudici, avrebbero prodotto consenso elettorale allo stesso Safina e che dunque il parlamentare favoriva per questo motivo. “Sotto altro profilo, anche a volere tacere sugli aspetti in punto di diritto – scrivono i legali del parlamentare siciliano – grande perplessità desta il percorso logico motivazionale seguito dal GIP con l’ordinanza di sostituzione della misura. Da una prima lettura, anche volendo tacere sugli aspetti in punto di diritto, si sostiene che, addirittura, in tempi non sospetti e quando ancora l’onorevole Safina neppure immaginava che il suo partito lo avrebbe candidato all’ARS, era ben conscio che nella sua città avrebbe ottenuto poche preferenze”. Il procedimento, fra qualche ora, avrà un’altra tappa importante e per certi versi determinante nel percorso giudiziario di questa vicenda. Il 2 febbraio ci sarà l’udienza fissata davanti al Tribunale del Riesame e dove i legali di Safina chiederanno la remissione in libertà del loro assistito.