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Catania

Déodat de Dolomieu, padre del vulcanismo ibleo

di Redazione -





Un successo la due giorni organizzata dal Club per l’UNESCO – Ecomuseo Valle del Loddiero, dedicata al vulcanologo francese “Déodat de Dolomieu, il suo tempo, la sua scienza e la Sicilia”, nello splendido complesso monumentale archeologico di Santa Maria la Vetere di Militello (Catania).

Camminatore infaticabile, viaggiatore, eccellente conoscitore di rocce e minerali e soprattutto uomo e protagonista del suo tempo. Déodat de Dolomieu era questo e molto di più, scienziato e geologo prima ancora che tale materia fosse riconosciuta ufficialmente, vulcanologo e naturalista, punto di riferimento per molti studiosi del tempo. Il catanese Giuseppe Gioeni, divenuto anche suo amico, faceva riferimento a lui nel trovare conferme ai suoi studi con un continuo scambio di informazioni scientifiche.

Déodat de Dolomieu, nato nel 1750, visse appena 51 anni ma in modo così intenso che le sue scoperte e i suoi appunti dedicati alla mineralogia e geologia continuano a essere fonte di studio ancora oggi. Fu il primo, e per questo ne è considerato il padre, a parlare di vulcanologia iblea ed è da questo importante dettaglio che Rita Di Trio, presidente del Club per l’UNESCO, responsabile dell’Ecomuseo Valle del Loddiero e organizzatrice dell’evento, apre la due giorni dedicata al vulcanologo francese “Déodat de Dolomieu, il suo tempo, la sua scienza e la Sicilia” nello splendido complesso monumentale archeologico di Santa Maria la Vetere di Militello. E ne descrive il viaggio in Sicilia, programmato nei minimi particolari per ammirarne ogni aspetto legato ai minerali e allo studio della terra. Un viaggio che porta Dolomieu chiaramente sull’Etna, dove analizzò tutti i tipi di stratificazioni vulcaniche; alle Maccalube di Aragona, nelle miniere di pece di Ragusa, ad Avola per la coltivazione della canna da zucchero; a Melilli, dove lo colpì il magnifico panorama, non ancora industrializzato, e il miele degli iblei. E poi ancora a Taormina, Messina, Cefalù, Palermo, dai Nebrodi alle Madonie senza tralasciare la parte sud dell’Isola.

Migliaia di chilometri percorsi a cavallo, ma molto spesso a piedi, in un tempo in cui le strade e l’accoglienza erano ben distanti dal concetto di comfort a cui siamo abituati oggi. Ma la Sicilia rappresentava per Dolomieu un concentrato di ricchezza che nessun altro posto, meno grande di un continente, avrebbe potuto regalargli. Ed è il professore Rosolino Cirrincione, direttore del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania, a spiegare che la geodiversità e la biodiversità della Sicilia racchiude “elementi geodinamici unici che si ritrovano nella continuazione degli Appennini nei Nebrodi, del Tavoliere delle Puglie nella zona di Gela, delle Dolomiti nelle Madonie. Tre caratteristiche raccolte in un unico territorio oltre alle formazioni gessose solfifere e, ovviamente, all’Etna e anche a un arcipelago di vulcani come quello delle Eolie”.

In cinque mesi, da maggio a ottobre, Dolomieu visita tutto anche “le rocce carbonatiche dell’area iblea che si alternano a quelle vulcaniche, mentre nel ragusano dedica i suoi appunti – precisa la prof.ssa Rosalda Punturo, docente del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania – alla risalita di idrocarburi che sgorgano dalle rocce” e che venivano utilizzati non solo come materiali da costruzione per interni e per esterni, ma anche nei processi di imbalsamazione.

Dolomieu appunta tutto nei suoi taccuini pervenuti quasi integralmente fino a noi a eccezione del primo. “Le sue pubblicazioni solo descrittive e – come spiega Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania – senza le conoscenze del nostro tempo, pervengono a conclusioni che descrivono in modo abbastanza preciso la nascita del nostro Vulcano e dei siti visitati e studiati. L’osservazione della Timpa di Acireale e le sue colate laviche facevano intuire che l’Etna esistesse da almeno 14.000 anni”.

Francesco Barletta, docente di fisica al Centre metapédien d’Etudescollégiales (CMÉC) Quebec in Canada, dedica il suo intervento proprio al sito di Santa Maria La Vetere e alla particolare compresenza di rocce bianche, rossastre o nere, che rappresenta il continuo alternarsi di vulcaniti. “Un’alternanza tra la vita (il verticalismo) e il fuoco (la morte) che si può ammirare dappertutto e che è il frutto di una specie di magmatismo fessurale che risale a 200 milioni di anni fa. Dolomieu descrive questi luoghi arrivandoci nel 1781 per la prima volta – precisa Barletta – e parlando per primo di vulcanismo ibleo. Per questo, a ragione, ne va considerato il padre”. Almeno come risulta riconosciuto il padre delle Dolomiti il cui nome gli fu dedicato dopo la sua morte, avendo studiato e definito quella particolare formazione di roccia e cristalli di cui sono costituite tali montagne.

È impossibile citare nel dettaglio tutte le relazioni che hanno contraddistinto il convegno internazionale dedicato a Déodat ma i lavori di questa giornata, e di quella organizzata già nel 2023, “verranno pubblicati anche come dovere morale oltreché scientifico e culturale – come ha sottolineato Salvo Liggieri segretario del Club per l’Unesco – che se ne assume il relativo onere”.

Grazie all’on. Giuseppe Zitelli che ha portato i saluti dell’assessorato regionale dei BB.CC. E dell’Identità Siciliana, di Delphine Hartmann, sindaco del Comune di Dolomieu (Francia) che ha partecipato al convegno e inaugurato la mostra certa del fatto che questa è stata “l’occasione per tessere nuovi e proficui rapporti”. Grazie anche a Silvana Raffaele, già Docente ordinario di Storia Moderna all’università di Catania; Attilio Bruno, esperto di turismo culturale, Daniele Condorelli, docente Dipartimento di Scienze Biomediche e Biotecnologiche, presidente dell’Accademia Gioenia di Catania, Carmela Vaccaro, docente del Dipartimento di Scienza dell’Ambiente e della prevenzione dell’Università di Ferrara, Carmelo Monaco, docente del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Catania, Rosario Ruggieri Geologo del Centro Ibleo Ricerche speleo-idrogeologiche.

Meritano una doppia citazione Paolo Zanzi, designer e architetto, e Guido Roghi, Ricercatore presso l’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR, sia per le relazioni che hanno contraddistinto la prima giornata sia perché sono i co-ideatori della mostra storico-fotografica “Curiosando tra i taccuini di viaggio e nella vita avventurosa di Dolomieu nelle Dolomiti e in Sicilia”, che è stata inaugurata sabato pomeriggio all’interno della Chiesa monumentale di San Nicolò l’Arena di Catania, alla presenza del sindaco di Catania, Enrico Trantino. L’installazione propone circa 40 pannelli, che tracciano la vita di Dolomieu dando prevalenza ai suoi appunti, sorretti da strutture che rievocano la forma delle montagne e che sono, al contempo, ecologici e facili da smontare.

La mostra è aperta al pubblico gratuitamente fino al 27 ottobre 2024 da lunedì a sabato dalle 9 alle 19, la domenica dalle 9 alle 13.

La realizzazione di questa due giorni, sotto l’Alto patronato del Parlamento Europeo, è stata possibile grazie al sostegno della Regione Siciliana, del Club per l’UNESCO di Militello Val di Catania-Ecomuseo Valle del Loddiero e del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali dell’Università di Catania nonché del Comune di Catania che ha offerto la disponibilità dei locali della Chiesa di San Nicolò l’Arena per l’allestimento della mostra.