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“Cartabia, Catania e il giusto processo. La lunga battaglia di noi penalisti”

di Redazione -





di ATTILIO SCUDERI
Separazione delle carriere, abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale, garanzie per gli avvisati di garanzia, intercettazioni supercontrollate, secretazione degli atti fino al processo. Resta ancora tanto da fare e nulla ancora è concreto rispetto alle parole sulla riforma della Giustizia avviata dal Ministro Nordio. Si combatte da sempre per il concetto di giustizia giusta e in attesa di tutto, però, qualcosa in atto si muove, per rendere il sistema giudiziario più efficiente riducendo la durata dei procedimenti e avvicinando l’Italia alla media dell’UE. La digitalizzazione del sistema giudiziario è poi un fattore importante, senza dimenticare l’esigenza di un reale processo di innovazione organizzativa destinato a stabilizzarsi in futuro. Obiettivo principale è quello di consegnare stabilità e velocità al sistema per donare effettiva efficienza, oltre che giustizia nel vero senso della parola. Un anno insomma molto impegnativo che si chiude e uno che si apre che potrebbe consegnare tanto. Elementi sottolineati dal presidente della Camera Penale di Catania l’Avv. Francesco Antille.

Presidente Antille in primis, che anno è stato per i Penalisti Catanesi?
Un anno molto impegnativo perché abbiamo privilegiato la formazione in relazione alle modifiche importanti della cd Riforma Cartabia. Abbiano assegnato il Premio Famà. Siamo intervenuti in tutte le occasioni con cui è stato possibile avvicinare i penalisti alla collettività. Un grande lavoro è stato fatto con le scuole e gli studenti. Il Direttivo della Camera Penale è stato molto impegnato e continuerà ad esserlo nel nuovo anno.

Il rapporto Giudice e Avvocato in che direzione sta andando? Che stagione giuridica stiamo vivendo?Una stagione problematica. Permangono istanze e arroccamenti corporativi tra i magistrati e ci sono molte visioni diversificate. Un punto di rottura è certamente il tema della separazione delle carriere. Ma le questioni calde risiedono nel fatto che ancora non si vede all’orizzonte una effettiva parità tra le parti del processo penale.

La Giusta pena oggi è davvero giusta?
Purtroppo devo rispondere dicendo che la pena inflitta al cittadino è sempre variabile e dipende da molti fattori: il fatto storico, la personalità, il contesto culturale in cui matura, la preparazione e la sensibilità del giudice, etc. Non ci possono essere parametri assoluti e validi per tutti. La percentuale delle assoluzioni e-o delle riforme delle decisioni, in secondo grado rispetto al primo, la dice lunga sulla difficoltà del permanere delle sentenze di prime cure.

Catania quanto è distante o diversa dagli anni delle lotte di mafia o anni bui dove il piombo la faceva da padrone? Cos’è cambiato e in quale misura?
Catania non ha vissuto gli “anni di piombo” politicamente intesi. Negli Anni 80 si definiva così l’impulso pararivoluzionario e contestatore dei gruppi extraparlamentari. Quanto agli anni di piombo in relazione alla delittuosità comune posso dire che la Città non registra più statistiche e valori eccezionali con la salvezza dei dati sconfortanti in materia di codice rosso e violenza alle donne (ma il fenomeno è nazionale e non solo locale). La casistica ordinaria è certamente contenuta entro perimetri sociali ordinari. I penalisti catanesi continuano la loro battaglia per la legalità vera; quella ove si riconosce alla Difesa il peso e il valore di un primato: quello della legittimità. Non può esistere processo penale giusto se non è legittimo; ed è legittimo solo se la Difesa è veramente pari all’Accusa (e ciò purtroppo non si è ancora realizzato). Questa è la grande sfida culturale e giuridica dei tempi che ci attendono.