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“Nuove tecnologie e AI: i rischi dello Stato digitale”

Professore Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università di Catania, Antonio Barone spiega l'impatto dell'Intelligenza Artificiale. "Siamo solo all'inizio"

di Redazione -





di Antonio Barone*

Oggi sono innegabili i vantaggi e le opportunità che la rivoluzione digitale offre alle PA ed ai cittadini: dalla tutela della salute (telemedicina) alla sicurezza ambientale (controlli automatizzati sulla staticità delle infrastrutture), dallo snellimento delle procedure amministrative alle città “intelligenti” (smart cities). Del resto, l’applicazione dei sistemi di intelligenza artificiale (IA) per l’esercizio delle funzioni pubbliche e per la gestione dei servizi pubblici non è una novità, come dimostra il caso dell’assegnazione dei diversi “colori” alle regioni durante l’emergenza pandemica, sulla base dei risultati prodotto da un algoritmo e con conseguenze dirette sulle libertà dei cittadini. Fermiamoci agli esempi proposti per porci alcuni interrogativi: esiste un diritto fondamentale di accesso ai servizi di telemedicina, evitando che il digital divide si trasformi in un inaccettabile rifiuto di cura? Come funzionava l’algoritmo che assegnava i “colori” alle regioni, delimitando i margini della libertà individuale di ognuno di noi? Come e chi ha elaborato questo software? Il cittadino ha diritto di conoscere le risposte a queste domande in nome della tanto decantata trasparenza amministrativa?

In atto una rivoluzione digitale; tutelare i big data

Si tratta di domande retoriche che inducono a riflettere criticamente sulla rivoluzione digitale in atto, senza inutili demonizzazioni ma con la consapevolezza dei rischi che essa porta con sé, a cominciare dalla tutela dei dati personali nell’era dei Big Data. La stessa libertà di navigazione in rete, infatti, è subordinata al consenso che l’utente fornisce alle piattaforme digitali per l’utilizzo dei propri dati personali per finalità commerciali. Queste nuove forme contrattuali non sono però caratterizzate dalla tradizionale parità tra contraenti, ma al contrario sono connotate da una notevole disparità, che finisce per derogare consolidati principi giuridici e – talvolta – anche i diritti fondamentali. Tali forme di “neo-contrattualismo” sviliscono il ruolo dei pubblici poteri; lo strumento principale del diritto tende a diventare (non più la legge, ma) il contratto tra le parti private, strutturalmente caratterizzato dallo strapotere di una di esse (la piattaforma digitale) sull’altra (utente/cittadino fruitore del servizio digitale). Nell’ultimo quindicennio, il ruolo assunto dai pubblici poteri è profondamente cambiato: il modello dello Stato “regolatore” è ormai in larga parte affiancato dall’affermazione di uno Stato “promotore” e “salvatore”. Come recentemente evidenziato da Luisa Torchia in un bel volume edito da Il Mulino, questa è anche l’epoca dello “Stato digitale”.

C’è l’esigenza di un intervento dei pubblici poteri

Gli esempi proposti dimostrano l’esigenza di un nuovo campo di intervento dei pubblici poteri, che non possono più lasciare all’autoregolazione lo sviluppo dell’IA, come finora avvenuto negli Stati Uniti. Proprio nel campo della regolamentazione dell’IA e della tutela dei dati personali l’Unione Europea ha assunto da un decennio un ruolo di grande innovazione, dalla celebre sentenza Google Spain della Corte di giustizia sul “diritto all’oblio” fino al GDPR del 2016. L’UE ha così affermato una vera e propria “sovranità digitale europea” che va ben al di là dei confini dei singoli Stati nazionali, da soli inidonei a regolare un fenomeno di portata globale. Il recente accordo politico in sede europea sul Regolamento in materia di IA è un ulteriore passo importante, che si associa all’Executive Order del Presidente Joe Biden del 30 ottobre 2023, primo segnale di (pur timido) ripensamento delle politiche USA in materia di IA.

Nel nuovo contesto dello “Stato digitale”, è necessario porre le fondamenta di un nuovo “umanesimo giuridico digitale”, fondato sull’ineludibile bilanciamento tra umanità e automatizzazione, sulla necessaria “riserva di umanità” nei rapporti tra cittadino e PA digitale. Il diritto gioca un ruolo fondamentale nella rivoluzione digitale, con buona pace di chi ne afferma l’irrilevanza o la subalternità rispetto all’economia. Siamo solo all’inizio di questo percorso fondativo, che richiede l’impegno corale della scienza giuridica, a cominciare dalle più giovani generazioni di studiosi.
*Professore Ordinario di Diritto amministrativo – Università di Catania