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A 32 anni dalla morte, Agrigento ricorda Giuliano Guazzelli

di massimilianoadelfio -





di FRANCESCA GALLO
Cerimonia commemorativa ad Agrigento, nella ricorrenza del 32° anniversario dell’uccisione del Maresciallo Maggiore “Aiutante” dei Carabinieri Giuliano Guazzelli, Medaglia d’Oro al Valor Civile “alla memoria”, assassinato dalla mafia il 4 aprile del 1992. Originario della provincia di Lucca, Giuliano Guazzelli viene trasferito in Sicilia nel 1954. Presta servizio a Menfi, dove si sposa e mette su famiglia. Per diversi anni resta tra le province di Agrigento e Trapani, poi viene assegnato al nucleo investigativo di Palermo, dove lavora al fianco del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, allora comandante della Legione Carabinieri, e del colonnello Giuseppe Russo, divenendo un esperto conoscitore del fenomeno mafioso. Per la sua abilità nell’investigare viene soprannominato il “mastino” e in trent’anni di indagini, svolte tra Palermo, Trapani e Agrigento, il maresciallo Guazzelli ha modo di analizzare a fondo i rapporti tra mafia, affari e politica. Indaga sul clan dei Corleonesi e, dopo la morte del colonnello Russo, trasferito nuovamente in provincia di Agrigento, si occupa della cosiddetta “Stidda”, l’organizzazione mafiosa parallela e talvolta in competizione con “Cosa Nostra” della provincia. Nel Santuario di San Calogero della città dei Templi, nel 32° anniversario della sua uccisione, viene officiata una Santa Messa dal Cappellano Militare della Legione Carabinieri “Sicilia”, Don Salvatore Falzone, unitamente al parroco Don Gerlando Montana Lampo, alla presenza dei familiari del Decorato e delle massime autorità civili e militari della provincia, il Colonnello Nicola De Tullio, Comandante Provinciale dei Carabinieri, nonché i Magistrati in quiescenza che hanno condiviso parte del loro percorso con il Sottufficiale caduto nell’adempimento del proprio dovere. Del maresciallo Giuliano Guazzelli, memoria storica dell’antimafia siciliana, si ricordano, oltre alla sua competenza professionale, i valori di uomo ed eroe della legalità. Umile, generoso, disponibile, Giuliano Guazzelli ha dedicato tutte le sue energie per difendere le Istituzioni della Patria e la gente comune da ogni forma di vessazione. Ma è grazie alle sue indagini che è stato possibile istruire il processo “Santa Barbara”, il primo processo alla mafia agrigentina che si celebrava dopo 42 anni di silenzi. I pubblici ministeri di quel processo furono Rosario Livatino e Roberto Sajeva. Il primo fu ucciso il 21 settembre del 1990 sulla statale che collega Agrigento a Caltanissetta, il secondo fu richiamato al ministero dopo avere ricevuto ripetute minacce. In quegli anni Giuliano Guazzelli si occupa anche del barbaro omicidio del giudice Antonino Saetta e del figlio, avvenuto nel 1988 nei pressi di Caltanissetta. Agli inizi degli anni ’90 viene chiamato a guidare la sezione di polizia giudiziaria dei Carabinieri al Tribunale di Agrigento, fornendo il suo costante contributo alla magistratura nelle delicate indagini allora in corso. Giuliano Guazzelli viene ucciso sabato 4 aprile del 1992 ad Agrigento, sul Viadotto Morandi, a lui intitolato nel 2017. Proprio nel luogo dell’agguato che si svolge uno dei momenti celebrativi della ricorrenza alla presenza di un picchetto d’onore, con le note del “silenzio” scandite dal trombettiere del 12° Reggimento Carabinieri “Sicilia”, a conferire ulteriore solennità al momento di raccoglimento, impreziosito dalla benedizione impartita dal Cappellano Militare e dalla deposizione di una corona di alloro. All’epoca dell’omicidio il maresciallo Giuliano Guazzelli aveva già maturato l’età pensionabile, ma decise di restare ancora in servizio, nonostante durante la sua carriera avesse subito numerose intimidazioni. Una di queste, l’attentato del 1981, quando era comandante della Stazione Carabinieri di Palma di Montechiaro. In quella occasione l’automobile che guidava venne raggiunta da diversi colpi di lupara. Lui si salva, ma l’agguato non passa inosservato. Il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, che ne conosce le eccezionali doti investigative, si reca personalmente a Palma di Montechiaro e cammina a testa alta assieme al maresciallo Guazzelli per le vie principali del paese, a testimoniare la presenza dello Stato. Quel sabato di 32 anni fa almeno cento furono i testimoni dell’agguato messo a segno sul Viadotto Morandi. Gente che abitava nei palazzi prospicienti la strada, gente che aveva assistito all’accaduto e che aveva deciso di parlare. Qualcuno chiamò la polizia raccontando quello che aveva visto, aprendo a piste investigative che portarono, poi, a “Cosa Nostra”. Per l’omicidio sono state inflitte sei condanne all’ergastolo. Ancora oggi i rapporti investigativi firmati dal maresciallo Giuliano Guazzelli sono fonte di spunti per indagini sul fenomeno mafioso e per l’Arma dei Carabinieri è stato sempre un esempio da seguire. Lo Stato ha onorato il suo sacrificio con la nomina a Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e con il conferimento della Medaglia d’oro al valor civile alla memoria, con la seguente motivazione: “Sottufficiale di elevatissime qualità professionali, impegnato in delicate attività investigative in aree caratterizzate da alta incidenza del fenomeno mafioso, operava con eccezionale perizia, sereno sprezzo del pericolo ed incondizionata dedizione al dovere e alle Istituzioni, fornendo costanti e determinanti contributi alla lotta contro la criminalità organizzata fino al supremo sacrificio della vita, stroncata da proditorio ed efferato agguato criminale. Eccelso esempio di preclare virtù civiche ed altissimo senso del dovere”.