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Attualità

PRIMA PAGINA- Pagavano il pizzo: ora vanno a processo

di Marco Gullà -





Seppur ci siano prove inconfutabili loro hanno negato di avere pagato il pizzo. Vittime che hanno deciso di non denunciare nulla.
Convocate alla squadra mobile di Palermo, nei mesi scorsi hanno continuato a negare di avere mai pagato il racket, nonostante l’evidenza delle intercettazioni. E allora andranno a processo. Oggi l’udienza preliminare di un processo “storico”.
Per la prima volta le vittime di pizzo rischiano anche una condanna per favoreggiamento mafioso. Verrebbe da dire, oltre al danno la beffa.
I NEGOZI
A BRANCACCIO
Un quadro desolante che era emerso nel 2021, a seguito di due operazioni antimafia messe a segno a Brancaccio e che ha fatto finire sul banco degli imputati proprio le presunte vittime “consenzienti”: per 31 persone, titolari di negozi e aziende, la Procura ha infatti chiesto il rinvio a giudizio e oggi si presenteranno davanti al gup Stefania Brambille per l’udienza preliminare.
Nessuno di loro ha mai denunciato ma quello che fa riflettere – uno spaccato veramente grigio di Palermo – è che preferiscono affrontare un processo con alto rischio di condanna pur di difendere chi invece gli chiedeva soldi per la cosca mafiosa di Brancaccio.
Chi ha denunciato e continua a far arrestare i suoi aguzzini è invece l’imprenditore edile Giuseppe Piraino: “Oggi più che mai bisogna denunciare ma apprendo che quasi nessuno oltre a me lo fa – dice Piraino – è inutile che gente come me continui a denunciare se poi quasi tutti pagano. Sono assolutamente d’accordo su questo processo, mi aspetto che le forze dell’ordine e i magistrati prendano provvedimenti anche contro chi paga il pizzo, deve cambiare la mentalità”.
LA MAPPA
DELLE ESTORSIONI
E il pizzo a Brancaccio lo pagavano tutti: carnezzerie, negozi per animali, ambulanti, pizzerie, bar, ditte edili.
Una mappa ben delineata di pagatori che non solo non si opponevano al pizzo ma non hanno nemmeno confermato davanti alle intercettazioni che le forze dell’ordine gli hanno fatto ascoltare.
“Oggi ci costituiremo parte civile –dice Salvatore Caradonna avvocato di Addio Pizzo – abbiamo notato che è sempre maggiore la schiera di imprenditori e commercianti che si sottomettono al pagamento del pizzo non per paura ma per convenienza e connivenza con Cosa nostra. Tutti questi commercianti e imprenditori rischiano la condanna per favoreggiamento”.
Anche nell’ultima operazione antimafia che ha portato all’azzeramento del clan di Corso Calatafimi è emerso che tantissimi commercianti pagavano il pizzo, nessuna denuncia. Dall’inchiesta è emerso come il sodalizio criminale avesse il totale controllo della zona di riferimento.
I loro nomi e i loro metodi soprattutto, riuscivano ad assoggettare imprenditori e commercianti della zona, piccoli o grandi che fossero nel loro giro d’affari. Il clan gestiva sistematicamente il racket del pizzo, con richieste di denaro alle vittime che si intensificavano con l’approssimarsi delle festività natalizie e pasquali.
Il denaro estorto ai commercianti della zona di corso Calatafimi andava ad alimentare le casse dell’associazione e in parte veniva destinato al mantenimento degli uomini d’onore detenuti e delle loro famiglie.