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Cronaca

Alfio Torrisi: il giallo del catanese morto alle Bahamas

di Alessandro Fragalà -





Una vicenda intrisa nei contorni del giallo, piena di dubbi, di mistero e per certi versi anche inquietante: dubbi e misteri che dovrà sfatare o, comunque, provare a farlo la Procura di Catania che ha aperto un’inchiesta sulla morte di Alfio Torrisi, un uomo di 54 anni originario di Giarre, in provincia di Catania, morto nell’ottobre del 2023 al Rand Memorial Hospital di Freeport, che per chi non lo sapesse, si trova nelle lontanissime Bahamas. Torrisi è deceduto dopo essere stato ricoverato a causa di un malore che lo aveva colpito mentre si trovata sulla nave ‘Paradise’ della Carnival Cruises Line. Sul natante lavorava come falegname per conto di un’azienda di Riposto, la Techni Teak. Luoghi e panorami da sogno, da telefilm americano, finale e particolari da incubo. Si perché per provare a fare luce sul decesso del povero Alfio Torrisi si è resa necessaria, anzi scontata, l’autopsia. Il problema è che il medico legale incaricato dalla procura a svolgere l’esame, Cristoforo Pomara, ha trovato una sorpresa a dir poco raccapricciante. Il corpo della vittima, infatti, era privo di organi: sostituiti, si fa per dire, da segatura e fogli di giornali americani. E qui il giallo si infittisce. Si tratta di un tentativo mal riuscito e decisamente approssimativo di imbalsamazione? Di una scelta precisa di donazione o qualcosa che, invece, a poco a che fare con la civiltà? Saranno le indagini della magistratura che, con le enormi difficoltà logistiche, dovranno provare a scoprirlo. Di certo, al momento, c’è che il fascicolo aperto ipotizza il reato di omicidio colposo ed ha, sempre al momento, due indagati (atto dovuto per eseguire l’autopsia come atto irripetibile). Si tratta del titolare dell’impresa per cui lavorava Alfio Torrisi e il capitano della nave. Come detto l’inchiesta si prospetta assolutamente insidiosa e complicata proprio per l’impossibilità di eseguire un’autopsia completa sul corpo. Fondamentale, a questo punto, sarà recuperare e analizzare i “vetrini” che, si spera, l’ospedale delle Bahamas dovrebbe aver conservato. In questo senso è stata già avviata, dalla procuratrice facente funzioni Agata Santonocito e dal sostituto Emanuele Vadalà, la procedura necessaria alla rogatoria internazionale. Queste le ultime novità. Ma per capire meglio la situazione è necessario fare un passo indietro. L’inchiesta, infatti, è stata avviata a Catania il 9 novembre del 2023 in seguito ad un esposto presentato dalla moglie del falegname, assistita dagli avvocati Antonio Fiumefreddo e Giuseppe Berretta. Una famiglia falcidiata dal dolore per una morte, per certi aspetti inspiegabile, e ancor più difficile da accettare per la distanza del luogo dove sono avvenuti i tragici fatti. In tutto ciò, poi, c’è un aspetto non secondario legato alle condizioni di lavoro. Secondo La famiglia Torrisi, infatti, l’attività del falegname veniva svolta in condizioni di lavoro ai confini del disumano. In particolare pare che Torrisi lavorasse a cielo aperto per circa 14 o addirittura 16 ore al giorno. Un lavoro estenuante, senza pause, svolto in una località che, magari, nell’immaginario collettivo e legato ai film e alle vacanze è definita da sogno, ma che in realtà, anche nel mese di ottobre registra temperature elevate e tassi di umidità tra i più elevati al mondo. Altro nodo è quello legato ai soccorsi. Nell’esposto presentato dalla famiglia si fa riferimento ad una possibile omissione.
Nonostante Torrisi presentasse sintomi evidenti di malessere come un forte mal di testa, problemi a camminare e a pronunciare le parole, l’ambulanza sarebbe stata chiamata con almeno tre ore di ritardo. Ma non solo: secondo la famiglia persisterebbero anche altre mancanze e omissioni: una su tutte il mancato spostamento di Torrisi ad un più attrezzato ospedale di Miami, come peraltro sarebbe stato consigliato, sempre secondo la famiglia, dai medici locali delle Bahamas. Un quadro assolutamente poco chiaro, pieno di incertezze di reticenze, di imprecisioni. La famiglia più che giustizia chiede chiarezza e spiegazioni certe. Torrisi lascia la moglie e un bambino e un’intera famiglia che pretende di sapere se l’uomo, che secondo i familiari godeva di ottima salute, sia morto di lavoro o per un malore che con il lavoro non ha niente a che vedere, ma soprattutto pretende di sapere che fine abbiano fatto gli organi del loro congiunto. Se sia stato lui, in un momento di lucidità a decidere di donarli o se, invece, dietro questo mistero c’è qualcos’altro. Risposte che una famiglia certamente merita di avere.