C’è il superbonus e adesso anche gli scarichi abusivi
di JERRY ITALIA – Nell’ultimo anno il superbonus 110% ha rappresentato la panacea di tutti i mali per il settore edile in crisi. Tra Gela e Butera sono decine i cantieri aperti e sono tantissime le ditte di edilizia che lavorano nei diversi quartieri, con un grande incremento delle opportunità lavorative. Decine e decine di palazzi e condomini hanno approfittato degli sgravi promossi dal Governo per rifare interni e facciate. Ma tanti cantieri significano anche tanti detriti da smaltire. Tonnellate di scarti della lavorazione edile che andrebbero smaltite seguendo le procedure di legge per essere poi conferite in discarica. Procedimento però, che non sempre va a buon fine. Nelle campagne lungo la SP 8 che collega Gela a Butera, proliferano numerose discariche abusive a cielo aperto. Luoghi protetti per incivili di ogni sorta che al riparo da controlli e da telecamere scaricano ogni tipo di rifiuto nei campi circostanti la città. Ad accompagnarci nel nostro viaggio c’è l’imprenditore Salvatore Di Trio, titolare di un centro per il riciclo degli inerti, che da anni insieme all’Associazione Antiracket gelese denuncia quanto avviene nelle campagne del nisseno. “La natura di questi scarichi è evidente – racconta – scarti della lavorazione edilizia, per lo più riconducibili ai tanti cantieri aperti, che finiscono qui nei campi. I cumuli ormai arrivano a ridosso della carreggiata e questo significa che chi scarica illegalmente non si preoccupa minimamente di essere scoperto”.
A 20 chilometri dalla città, il letto di uno degli affluenti del Fiume Gela, il torrente Gattano, è totalmente pieno di rifiuti provenienti da cantieri edilizi. Secchi di vernice, calcinacci e sacchi di cemento ostruiscono il canale mentre altri rifiuti galleggiano verso la valle, destinati a finire in mare. Poco distante l’ombra di uno degli esempi del degrado del territorio che circonda il centro abitato gelese: l’agglomerato industriale che si trova al chilometro 21 della Provinciale. L’ex Fornace, così come è da tutti conosciuta, un tempo produceva mattoni e laterizi per l’edilizia. Oggi invece è una bomba ecologica con i tetti in amianto che si sbriciolano e finiscono a pieno contatto col terreno che come si può notare dalle centinaia di tracce al suolo è frequentatissimo da pastori che portano i loro greggi a pascolare su quest’erba e ad abbeverarsi nel laghetto artificiale della cava poco più avanti.
“Questa è una strada frequentatissima da tanti pendolari – ci racconta Di Trio – che, soprattutto nelle giornate ventose, sono costretti a respirare le polveri d’amianto che arrivano da questo ecomostro”.
Ci spostiamo di pochi chilometri appena, sulla Strada dei Due Castelli, la tangenziale gelese, e anche lì la situazione non cambia. Nelle piccole trazzere di campagna proliferano cumuli di rifiuti edili, il più delle volte bruciati per evitare che possano fornire indicazioni utili a rintracciarne la provenienza.
Cambia anche la strategia di chi scarica nelle campagne, non più punti fissi con discariche enormi, ma tante microdiscariche sparse ovunque nelle trazzere. La gran parte sempre riconducibile a ristrutturazioni edilizie.
Ma se da un lato proliferano le microdiscariche, ci sono punti invece in cui lo scarico sembra essere ormai decennale. A pochi passi dal Kartodromo di Contrada Zai, ad esempio, lungo la strada che porta ad una delle discariche regolari per lo smaltimento degli inerti, c’è una piccola strada sterrata, a due passi da una coltivazione di ulivi, in cui si snoda un lungo serpentone fatto di rifiuti di ogni tipo. Le tracce dei veicoli sul terreno reso umido dalle recenti piogge dimostrano passaggi molto recenti e soprattutto ripetuti. Le attività di scarico parrebbero essere frequenti e riaprono per l’ennesima volta il problema dei controlli da parte delle autorità competenti su un territorio sicuramente vasto ma che comunque è facilmente individuabile a fronte di scarichi continuativi e regolari. Una terra di nessuno che diventa territorio di conquista di tutte quelle aziende, spesso in nero, che trovandosi nell’impossibilità di scaricare nei luoghi preposti perché privi dei documenti necessari per smaltire gli scarti di lavorazione in maniera regolare approfittano di questi lembi di terra per liberarsi dei rifiuti, certi ormai di una certa aura di impunibilità che deriva dalla mancanza di controlli e quindi di sanzioni.
E così le campagne continuano a rimanere ostaggio di chi della legge se ne infischia e continua a deturpare impunemente il territorio, in un fenomeno diventato ormai globale.