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Francesca Donato apre alla guida della Dc: “Se il partito me lo chiedesse, non tirerei indietro”

di Vincenzo Migliore -





La scossa che ha investito la Democrazia Cristiana dopo l’inchiesta che ha travolto Totò Cuffaro continua a produrre onde lunghe. Ospite della trasmissione “Scacco Matto” su RTV, la vicepresidente nazionale del partito, Francesca Donato, ha affrontato senza esitazioni i nodi politici e morali aperti dal caso giudiziario che ha coinvolto l’ex governatore.

Sin dalle prime battute, Donato ha preso le distanze da quello che definisce «un modo distorto di fare politica», fondato sul consenso “ad ogni costo”, su dinamiche di potere e su comportamenti che – sottolinea – rischiano di minare la credibilità dell’intero sistema democratico.

«Sono garantista – ha precisato – ma ciò che emerge dalle intercettazioni è estremamente preoccupante. La politica deve essere trasparenza, etica, rispetto delle regole. Quando si scivola oltre questi confini si distrugge la fiducia dei cittadini».

La rottura con Schifani e la difesa dell’identità del partito

Nel corso dell’intervista, Donato ha commentato la scelta del presidente della Regione Renato Schifani di revocare le deleghe agli assessori di area Dc, determinando l’uscita del partito dalla Giunta. Una decisione che, secondo la vicepresidente, avrebbe più una funzione di “immagine” che di reale coerenza politica:

«Ci sono componenti della maggioranza coinvolte in indagini che non hanno subito lo stesso trattamento. È evidente che l’obiettivo fosse preservare la figura del presidente, non riequilibrare il quadro politico».

Un giudizio netto, che conferma quanto la crisi aperta dal caso Cuffaro stia generando tensioni profonde nei rapporti all’interno della coalizione.

Cuffaro e la ricandidatura mancata: “Non lo avrebbe mai fatto, lo aveva detto chiaramente”

Maccauro ha poi incalzato Donato sulla possibilità, più volte evocata, di una ricandidatura di Totò Cuffaro. La vicepresidente ha ricordato come l’ex segretario avesse più volte garantito di non volere tornare a candidarsi, «né come presidente né come deputato».

«Gli abbiamo creduto – ha affermato – ma se quel tema fosse stato sul tavolo, la discussione interna non sarebbe mancata. Con un passato giudiziario così pesante, anche prima di questa inchiesta, la riflessione sull’opportunità sarebbe stata inevitabile».

La segreteria è vacante: Donato non si sfila

La parte più attesa dell’intervista è arrivata quando il conduttore ha affrontato il nodo della successione alla guida della Democrazia Cristiana. Dopo le dimissioni – giudicate dalla stessa Donato “doverose” – di Totò Cuffaro, il partito è oggi senza un segretario.

Alla domanda diretta su una sua possibile candidatura, Donato non si è sottratta:

«Non ambisco a nulla – ha detto – anche perché sto attraversando un momento personale molto difficile nella mia battaglia per la verità sulla morte di mio marito, Angelo Onorato. Ma se il partito ritenesse che potrei essere utile, non mi tirerei indietro».

Un’apertura chiara, accompagnata dalla rivendicazione di un impegno politico fondato su “onestà, trasparenza e passione autentica”.

“La Dc può risollevarsi solo tagliando ogni ombra”

In chiusura di puntata, Donato ha lanciato il messaggio forse più significativo:

«Mi auguro che la Democrazia Cristiana riesca a risollevarsi da questa crisi. Per farlo deve essere al di sopra di ogni sospetto, tagliare nettamente ogni possibile legame con pratiche dubbie. Solo così il nostro partito potrà esprimere il potenziale che ancora possiede».

Una dichiarazione che suona insieme come monito e come manifesto politico, mentre il partito attraversa uno dei passaggi più delicati della sua recente storia.