Una settimana politica siciliana convulsa quella trascorsa: ancora più incandescente quella alle porte
La settimana che si è appena chiusa a Palazzo dei Normanni somiglia più a una sequenza serrata di colpi di scena che a un ordinario ciclo politico. Un vortice di tensioni che ha messo a nudo fragilità, rancori, nervi scoperti e un clima istituzionale che raramente, negli ultimi anni, si era mostrato così incandescente. Tutto è iniziato con la decisione del presidente della Regione, Renato Schifani, di revocare gli assessori della Dc. Una scelta rumorosa, che ha spaccato l’equilibrio della coalizione e che è maturata sotto il peso dell’inchiesta sugli appalti, ancora nel pieno della sua evoluzione.
Una mossa che, al netto dei tecnicismi, ha sancito la fine della presenza scudocrociata in giunta, pur senza rompere formalmente l’alleanza: i deputati Dc hanno infatti confermato l’appoggio esterno, ma il quadro politico non è più lo stesso. A Palermo sono iniziati gli interrogatori di garanzia. Il primo è quello più atteso: Totò Cuffaro, figura che continua a pesare nella narrazione politica siciliana, sceglie la via del silenzio e si avvale della facoltà di non rispondere. Una decisione che, inevitabilmente, riaccende le tensioni e allarga la frattura tra una maggioranza in cerca di stabilità e un’opposizione determinata a cavalcare ogni segnale di crisi.
L’opposizione in ritiro e la mozione di sfiducia
A completare il quadro, il ritiro di Pd, M5S e Controcorrente nell’abbazia di San Martino delle Scale: due giorni di confronto serrato per compattare la linea, limare le divergenze e partorire una scelta che ha un forte valore politico, se non aritmetico. La mozione di sfiducia contro Schifani è pronta. Firmata da tutti e 23 i deputati di minoranza.Una sfida più simbolica che numerica, visto che per arrivare al traguardo servirebbero 13 voti dalla maggioranza: un numero che pochi, anche tra le opposizioni, considerano realisticamente raggiungibile. Ma la logica, in questa fase, è un’altra: alzare il livello dello scontro, costringere il governo regionale sulla difensiva, occupare il campo mediatico, definire un perimetro di responsabilità.
La prossima settimana: il primo vertice senza la Dc
Ora l’attenzione si sposta alla settimana che sta per iniziare. Lunedì si terrà a Palermo il primo vertice di maggioranza senza la Dc seduta attorno al tavolo. Una riunione rinviata nei giorni scorsi anche per consentire agli Autonomisti di essere presenti e, soprattutto, per aspettare che le acque politiche si chiarissero almeno in parte dopo le decisioni del presidente.
Sul tavolo ci saranno due temi pesanti:
- Le nomine, in primis quelle della sanità.
- La Legge di Stabilità, da portare in aula mantenendo un equilibrio che oggi appare tutt’altro che solido.
Le nomine in sanità: Autonomisti prudenti
La posizione del MpA è chiara: “Non è il momento di fare nomine”.
Gli Autonomisti chiedono di rinviare ogni decisione sugli enti regionali, in particolare in sanità, settore che resta politicamente radioattivo dopo i recenti sviluppi giudiziari e dopo le pressioni interne della stessa maggioranza. L’eventuale insediamento del nuovo manager dell’Asp di Palermo, Alberto Firenze, che ha ottenuto il via libera della Commissione Affari istituzionali, potrebbe riaprire una partita delicata: Fratelli d’Italia punta da settimane a rimettere mano agli equilibri dell’assessorato, a partire dalla posizione del direttore generale Salvatore Iacolino.
La Finanziaria 2026: il test decisivo
Accanto alle nomine, rimane la questione della Legge di Stabilità 2026. Le Commissioni dell’Ars stanno completando l’esame preliminare, ma resta da capire se l’impianto complessivo – comprese le previsioni per il triennio 2026-2028 – reggerà l’urto di un’aula sempre più imprevedibile.
