Sicilia senza assessore: chi coltiverà i problemi dell’agricoltura?
Dopo le dimissioni di Barbagallo restano siccità, burocrazia e campi abbandonati. La vera sfida? Trovare un successore che sappia sporcarsi le mani (di terra, non di carte).
Salvatore Barbagallo lascia l’assessorato regionale all’Agricoltura. Dimissioni “per motivi personali”, efficaci dal 22 settembre. Il presidente della Regione, Renato Schifani, lo ha salutato con parole di gratitudine: “Ha lavorato con dedizione e professionalità”. Un congedo elegante. Ma la vera domanda resta: che ne sarà dell’agricoltura siciliana?
Tra siccità e burocrazia
Le sfide restano enormi: dalla siccità cronica alla gestione delle risorse idriche, dall’accesso ai fondi europei alla valorizzazione dei prodotti tipici. Ogni stagione porta emergenze, e ogni vendemmia porta speranze. Servirebbe una macchina amministrativa veloce, capace di seminare progetti e raccogliere risultati prima che i bandi si perdano nella burocrazia.
In mezzo ai filari di arance e nei vigneti, i problemi non si risolvono con i comunicati stampa: la siccitàmorde, i costi di produzione crescono, i giovani scappano. Gli agricoltori chiedono meno carte e più acqua. E guardano a Palermo con lo stesso sospetto con cui si guarda una nuvola: sperando che piova, ma senza troppe illusioni.
Chi eredita il trattore?
Ora la domanda è: chi succederà a Barbagallo? La scelta del nuovo assessore dirà molto delle priorità della giunta Schifani. Si punterà su una figura tecnica, pronta a lavorare sul campo, o su un nome politico, più utile alle alleanze che alle serre? Ai siciliani interessa meno la partita delle poltrone e più la sorte delle coltivazioni.
In fondo, l’augurio è semplice: che il prossimo assessore sappia mettere le mani nella terra, metaforicamente e magari anche davvero. Purché – e qui sta la speranza finale – non si rivelino braccia rubate all’agricoltura.”