Lo Sperone Podcast e l’intervista a Salvo Riina: la memoria distorta che offende la Sicilia
Un’intervista che ha fatto discutere e indignato. Giuseppe “Salvo” Riina, figlio del capo di Cosa nostra Totò Riina, è stato ospite in un’intervista de Lo Sperone Podcast, accolto dal conduttore Gioacchino Gargano come “testimone della vita del padre”, senza ricordare al pubblico che anche lui ha alle spalle una condanna per associazione mafiosa.
Un dettaglio tutt’altro che marginale, considerato che Riina jr, già finito in carcere per aver tentato di riorganizzare le fila di Cosa nostra, continua a presentarsi come custode di una “verità alternativa” sulla storia criminale della sua famiglia.
Durante la lunga conversazione, il figlio del padrino di Corleone si è paragonato addirittura ai bambini di Gaza, raccontando la sua infanzia “in perenne emergenza” accanto al padre latitante: “Scappare da un rifugio all’altro era quasi una festa, perché conoscevo posti e persone nuove”, ha detto.
Non sono mancate le affermazioni revisioniste: “Mio padre non ha mai ordinato l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo”, “Falcone non dava più fastidio alla mafia, ma ad altri dietro le quinte”, fino a definire l’antimafia “un carrozzone di gente in cerca di riflettori”. Dichiarazioni che ribaltano decenni di sentenze definitive e testimonianze di collaboratori di giustizia.
Salvo Riina non è nuovo a simili esternazioni. In un libro aveva già descritto Totò Riina come “un uomo serio e onesto”, negando la sua violenza nonostante le stragi e le condanne che lo hanno reso il simbolo della mafia corleonese.
Le parole diffuse dal podcast hanno suscitato la reazione del presidente della Commissione regionale antimafia, Antonello Cracolici:
“Non sentivamo il bisogno di ascoltare le opinioni del figlio di Totò Riina, convinto di spiegarci che uomo buono fosse suo padre. Non offenda la nostra terra. Mi chiedo che tipo di informazione sia quella che cerca di accreditare verità smentite dai tribunali in nome del popolo italiano”.
La vicenda riapre una ferita profonda: il tentativo di riscrivere la storia della mafia trasformando i carnefici in vittime. Un’operazione che offende la memoria delle vittime e mortifica la Sicilia che ha pagato con il sangue il prezzo più alto per liberarsi dal potere di Cosa nostra.