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L’estate degli agriturismi tra luci e ombre: la Sicilia tra le mete più ambite, ma non senza sfide

di Enzo Scarso -





A pochi giorni dal Ferragosto, l’agriturismo italiano si prepara a un pienone, ma con l’amaro in bocca. L’estate 2025 racconta infatti una storia fatta di contraddizioni: da un lato la tenuta delle presenze, dall’altro le difficoltà strutturali di un comparto sempre più sottoposto alle pressioni del mercato, delle nuove abitudini di viaggio e di un contesto economico complicato. E la Sicilia – terra di aranci e ulivi, di tradizioni contadine e paesaggi mozzafiato – si conferma protagonista di questo racconto, tra eccellenze e fragilità.

Secondo i dati diffusi da Agriturist (Confagricoltura), il settore regge il colpo grazie alla crescente domanda di autenticità. Si viaggia meno, ma meglio. La parola d’ordine è “esperienza”, non vacanza. E il turismo rurale diventa rifugio emotivo e culturale per chi cerca contatto con la natura, lentezza, cucina tipica, tradizioni. Un’idea di turismo che in Sicilia trova un terreno fertile come pochi altri luoghi in Italia: tra masserie dell’entroterra ibleo, vigneti dell’Etna, uliveti trapanesi e bagli immersi nelle colline dei Nebrodi. Ma c’è un “però”. Anzi, più di uno “La tendenza dominante è la minore durata dei soggiorni, con prenotazioni di due o tre notti al massimo e un incremento delle vacanze mordi e fuggi”, sottolinea il presidente di Agriturist, Augusto Congionti. Un fenomeno che rende difficile la programmazione e penalizza soprattutto le strutture più piccole, come quelle a conduzione familiare presenti in buona parte della Sicilia, dove l’economia rurale è ancora una forma di resistenza identitaria. E se l’agosto resta il mese “principe” – con ottimi numeri anche per la Sicilia – giugno è stato deludente, luglio ha faticato a decollare, e solo settembre sembra promettere una timida ripresa. Le prenotazioni arrivano all’ultimo, le incertezze restano. La clientela è in prevalenza familiare (68%), ma cresce la presenza degli stranieri, circa un quarto del totale,attratti dal binomio cultura-natura, di cui la Sicilia è regina.

Tuttavia, le ombre sono evidenti: carenza di personale qualificato, difficoltà nel reperire manodopera stagionale, aumento dei costi energetici, delle materie prime e dei servizi. L’impennata dell’inflazione si traduce in una riduzione del potere d’acquisto delle famiglie italiane, che cercano di spendere meno anche in vacanza. Non a caso, la Sicilia,pur restando tra le mete più richieste, sta assistendo a una crescita più contenuta rispetto ad altre regioni come la Puglia. Eppure, il potenziale c’è, e va coltivato. Anzi, va piantato come un seme nella terra fertile dell’identità rurale. “Il turismo esperienziale non è una moda. È il futuro”, ribadisce Agriturist. E in Sicilia, se accompagnato da politiche intelligenti, formazione professionale e infrastrutture adeguate, potrebbe diventare una leva strategica non solo per il turismo, ma per l’economia isolana nel suo complesso.