Sicilia, l’isola dei consumi in crescita: il paradosso di una ripresa che nasconde fragilità strutturali
C’è un dato che colpisce più degli altri: tra il 2019 e il 2023, la Sicilia è la regione italiana in cui i consumi delle famiglie sono cresciuti di più, con un incremento del +17,2%, superiore alla media nazionale (+13,7%) e ben al di sopra delle regioni del Nord. Un dato che, se letto superficialmente, potrebbe far pensare a un rilancio dell’economia isolana. Ma la verità, come spesso accade quando si maneggiano numeri, è più complessa. E più amara.
Consumi in crescita, ma a quale prezzo?
Secondo il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne – Unioncamere, l’incremento dei consumi in Sicilia è stato trainato soprattutto dalla spesa alimentare, che nella nostra regione incide per il 23,8% sul totale dei consumi familiari. Una quota ben superiore alla media nazionale (18,6%) e tra le più alte d’Italia, seconda solo alla Campania.
Il dato è emblematico. Se le famiglie siciliane spendono relativamente di più per il cibo, non è perché comprano prodotti gourmet o riempiono carrelli da export, ma perché una fetta maggiore del loro (più basso) reddito disponibile è destinata ai beni essenziali. È un segnale di vulnerabilità, non di benessere.
“Il reddito disponibile delle famiglie meridionali è inferiore di circa il 25% rispetto alla media nazionale – sottolinea Gaetano Fausto Esposito, direttore del Centro Studi – e ciò porta a un peso maggiore della spesa alimentare, soggetta alle oscillazioni dell’inflazione e ad acquisti frequenti che erodono rapidamente il potere d’acquisto reale”.
Enna, Caltanissetta, Catania: le province siciliane che trainano la crescita
A livello provinciale, è Enna a guidare la classifica italiana con un aumento record dei consumi del +21%. Seguono Caltanissetta (+19,3%), Catania (+19,0%), Agrigento (+18,2%) e Palermo (+17,4%). Anche Ragusa si difende con un +13,8%. Un’isola che sembra correre, almeno nei numeri. Ma la velocità della corsa non dice nulla sul punto di partenza.
Infatti, nonostante l’aumento, la Sicilia resta una delle regioni con il consumo pro-capite più basso d’Italia: appena 16.145 euro a testa, contro i 24.283 euro della Lombardia e i quasi 31.000 di Milano. Agrigento, con 14.020 euro pro-capite, si colloca tra le ultime tre province italiane.
Alimentare, una spesa che pesa
Cinque province siciliane – Catania, Ragusa, Trapani, Palermo e Siracusa – rientrano nella top ten italiana per incremento dei consumi alimentari. Ragusa, in particolare, spicca per una spesa pro-capite pari a 4.054 euro, con un’incidenza del 24,4% sui consumi complessivi.
È una mappa che racconta non solo di abitudini, ma anche di resistenze quotidiane: la priorità è riempire il frigorifero, spesso a scapito di altri beni e servizi. Non è una scelta, è una necessità. È la conferma che, nel Mezzogiorno, il carrello della spesa è più pieno di bisogni che di desideri.
Il Sud consuma di più… ma resta indietro
Il Mezzogiorno, nel suo complesso, rappresenta il 33,2% della spesa alimentare nazionale, più di ogni altra area geografica. Ma questo primato è, ancora una volta, ambivalente: è il segnale di un’Italia a due velocità, dove si consuma per vivere e non per crescere.
In questa fotografia, la Sicilia non è né fanalino di coda né motore propulsivo. È piuttosto il termometro di un’Italia che si stringe la cinghia, e che riesce a resistere solo perché è abituata a farlo da decenni.
Conclusione: un’isola che spende per sopravvivere
La Sicilia è oggi la regione italiana con il maggior incremento di consumi, ma resta una delle più fragili dal punto di vista strutturale. I dati, se non interpretati, possono illudere. Ma la verità emerge chiara: crescono i consumi perché cresce il costo della vita, non il benessere. E mentre al Nord si spende per vivere meglio, al Sud – e in Sicilia in particolare – si spende per tirare avanti. Con dignità, certo. Ma sempre sul filo.