Alain Delon e la Sicilia, addio all’ultimo figlio del Gattopardo
“Quando dico che sono francese di nascita e italiano di cuore è perché la mia vita professionale è iniziata qui in Italia”, amava ripetere l’attore Alain Delon, scomparso oggi all’età di 88 anni.
Per un’intera generazione di siciliane e di siciliani che lo hanno stimato e ammirato, Alain Delon è stato soprattutto l’indimenticabile Tancredi Falconeri, nipote prediletto di don Fabrizio Corbera, principe di Salina e protagonista de “Il Gattopardo”, il capolavoro cinematografico del 1963 di Luchino Visconti tratto dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Un amore ricambiato, anche secondo le persone che lo hanno conosciuto durante le riprese del film di Luchino Visconti, Delon è entrato perfettamente nel ruolo del figlio adottivo del Gattopardo, ovvero del vero figlio adottivo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Nel romanzo e nella sua trasposizione cinematografica, Tancredi è il nipote del Principe di Salina ed il figlio che avrebbe voluto avere. Ed è dichiaratamente ritratto con alcuni caratteri del vero figlio adottivo dello scrittore e cioè Gioacchino Lanza Tomasi, purtroppo scomparso anche lui recentemente (10 maggio 2023).
Nel film “Il Gattopardo”, Delon impersona Tancredi in una maniera molto fedele al testo del romanzo originario. Merito della certosina sapienza di Luchino Visconti nel definire e indirizzare tutti i dettagli con il massimo rispetto del romanzo.
“Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”, è la frase chiave più famosa, e longeva del Gattopardo, sia nel romanzo che nel film. E non a caso la pronuncia Tancredi nel romanzo, quindi Alain Delon nel film.
Tutto è in quella frase? Per molti posteri sì, e molto, tuttavia. Persino troppo, visto che inchioda la Sicilia a un tempo che non trascorre mai, destinandola al fato irredimibile dell’arretratezza. Un appunto tanto fondamentale quanto pessimista, nel solco tracciato dal grande scrittore.
Nel suo volto, nel suo carattere, nelle sue parole, Alain Delon scolpisce in maniera esemplare il carattere gattopardesco della classe dirigente siciliana di ogni tempo: opportunista, eppure, in qualche modo, fatalmente affascinante. Delon riesce così a condividere il fascino del protagonista così come quello dell’antagonista in un solo carattere romanzesco e cinematografico assieme. Eccelle dunque nell’impersonare, in fin dei conti, un ossimoro.
Chapeau. È il caso di dirlo, in omaggio alla nazionalità francese dell’attore mai dimenticato dai siciliani, perlomeno quelli di una certa età. Merito del testo di un amante dell’ossimoro, persino nel caratterizzare i propri personaggi, come era Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Ma merito, nel film, anche della bellezza attoriale di un grande siciliano d’adozione, come Alain Delon.
Se esiste un aldilà, certamente sarà un bell’incontro tra Alain Delon e Giuseppe Tomasi di Lampedusa, scomparso prima dell’uscita del suo romanzo. Oltre che con Gioacchino Lanza Tommasi, che però aveva conosciuto Alain Delon in vita e con il quale era rimasto sempre in contatto fin dalle prime riprese del film nel maggio 1962 in Sicilia.
Proprio Gioacchino Lanza disse, nel 2011, che Alain Delon era sempre rimasto ammirato e innamorato della Sicilia. Ammirazione e amore fortemente ricambiati, come si legge nei social in queste ore.