43 anni fa la strage di via Carini: il sacrificio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa
La sera del 3 settembre 1982 Palermo fu travolta da uno degli attentati più sanguinosi e simbolici della storia della lotta alla mafia. In via Isidoro Carini la mafia assassinò il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto da soli cento giorni, insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro, 32 anni, e all’agente di scorta Domenico Russo, 40 anni.
Un agguato feroce, che segnò uno spartiacque: la mafia colpì il volto dello Stato che più di tutti incarnava fermezza, coraggio e intransigenza. L’eco delle parole del cardinale Salvatore Pappalardo, che citando Sallustio tuonò: «Mentre Roma discute, Sagunto è espugnata», resta ancora oggi una ferita e un monito.
I cento giorni di Palermo
In quei pochi mesi, Dalla Chiesa aveva intuito che la partita contro Cosa nostra si giocava anche e soprattutto nella società civile. Per questo incontrò gli studenti dei licei Gonzaga e Garibaldi, ai quali consegnò un messaggio che risuona ancora attuale: i giovani come primo alleato dello Stato nella battaglia per la legalità. Un’intuizione che suo figlio Nando Dalla Chiesa ha definito “una giornata importante nella storia dei rapporti tra mafia e Stato”.
Strage via Carini: il ricordo nell’anniversario
A 43 anni di distanza, la Rai dedica all’anniversario una programmazione speciale: dagli approfondimenti di “Agorà Estate” alle trasmissioni di Rai Storia e La Grande Storia – Anniversari con l’introduzione di Paolo Mieli. RaiPlay ripropone la serie Il nostro generale e il film Cento giorni a Palermo, mentre le Teche valorizzano il documentario Effetto Dalla Chiesa.
Anche la Cisl Palermo Trapani ricorda il Prefetto: «L’alto senso del dovere, l’attenzione ai giovani e la consapevolezza che lo Stato deve farsi sentire – afferma la segretaria generale Federica Badami – restano un esempio. Puntiamo sui ragazzi per diffondere la cultura della legalità: loro sono il futuro».
Memoria e impegno dopo la strage via Carini
Il sacrificio di Dalla Chiesa resta una lezione: la mafia si combatte con la repressione ma anche con l’educazione, la politica e il senso delle istituzioni. Da quella sera del 3 settembre 1982 Palermo non fu più la stessa: la sua morte, come quella di tanti altri servitori dello Stato, obbliga ancora oggi a trasformare la memoria in azione quotidiana.